Passione binocoli

Posts written by historicacollectibles

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    Devo dire che le informazioni riportate da Carlo ed E. Rosso sono corrette, complimenti.
    Si tratta di un binocolo prodotto nell'Aprile del 1938. Lo stemma riportato sulla piastra oculare destra è da ricondurre alle "Forze Armate Portoghesi".
    Gli oculari sono estraibili e definiti convenzionalmente del tipo "Gas Mark". Gli stessi hanno la funzione di poter far poggiare totalmente gli occhi e garantire all'osservatore il rispetto di quella distanza costante necessaria a visualizzare la totalità dell'immagine osservata nella forma di un "cerchio" perfetto. Infatti, se non estraiamo gli oculari Gas Mask e proviamo ad osservare mediante una distanza variabile dovuta chiaramente al naturale movimento instabile delle braccia, accade la stessa cosa che sperimenta chi osserva attraverso un cannocchiale da sniper: se non si rispetta l'esatta distanza e centralità delle pupille sulle lenti, non si potrà osservare in un “cerchio perfetto” l'immagine inquadrata.
    Il termine Gas Mask, è stato dato a questa versione di "oculari", proprio per il totale isolamento cui l'occhio è soggetto osservando con l'ausilio di essi. Infatti, proprio per come accade per la maschera antigas una volta indossata, si è totalmente isolati da fattori esterni e, nel caso specifico di questi oculari, viene garantito all'osservatore una visione più protratta nel tempo in quanto non si ha il fastidio di polveri, ne sopratutto del vento, fattori i quali costringono l'osservatore a perdere continuità d'osservazione causa lo sbattere frequente delle palpebre...ed in ambito militare è un fattore molto importante e significativo.
    Diversamente, se i suoi oculari si estraggono mediante rotazione "elicoidale" e con sensibilità decimale, può darsi che considerino un BREVETTO, depositato dalle Officine Galileo negli anni 30, il quale consente la visione anche a persone portatrici di occhiali: ruotando infatti i "poggiaocchi" si va ad agire su un meccanismo il quale consente agli stessi di estrarsi in modo preciso e permettere all'osservatore di stabilire la distanza desiderata tra lenti occhiali e lenti oculari binocolo. In tal modo infatti viene selezionata dall'operatore una distanza ideale tra l'occhio e le lenti oculari che permette una perfetta visione dell'immagine. Il principio della visione tra questi 2 sistemi è molto simile, con la differenza che, l'estrazione "avanti ed indietro" era soggetta a spostamento anche con piccoli urti delle cavità oculari prossime agli oculari ovviamente, mentre l'estrazione "avanti ed indietro" mediante rotazione elicoidale permetteva una regolazione più precisa, accurata e stabile anche nel caso di piccoli "urti" appunto con la cavità oculare.
    Le viti purtroppo non sono originali e credo abbiano completamente danneggiato le originali filettature delle sedi originarie.
    Qualora decidesse di cederlo non esiti a farmelo sapere: annovero in collezione il modello 7x50 e non mi dispiacerebbe ricongiungere questi 2 modelli.

    Edited by historicacollectibles - 17/4/2024, 17:16
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    Seppur con imperdonabile ritardo Carlo, ti faccio i miei più sinceri auguri !!
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    Buonasera, cercherò di fornirle alcune informazioni utili: Il binocolo di sua proprietà è ad uso civile e venne commercializzato esclusivamente in tale ambito. L'azienda che lo ha prodotto si chiamava "Flammarion" il cui nome era riferibile a Camille Flammarion il quale fu rinomato astronomo francese e fu, tra le altre cose, editore, divulgatore scientifico e autore di circa 50 opere tra le quali guide divulgative popolari di astronomia e romanzi scientifici anticipatori della fantascienza.
    Visse tra il 1842 ed il 1925 ed una volta divenuto famoso "concesse", dietro ingenti somme di denaro (ciò che ad oggi conosciamo con il nome di "diritti" o "Royalty"), l'utilizzo del suo nome a molte aziende le quali intuirono che l'associazione di tale nome con i propri prodotti, poteva divenire valore aggiunto e sinonimo di successo. Ovviamente lui non ebbe personalmente mai interessi diretti con queste aziende se non per i ricavati dovuti appunto alla concessione del proprio nome (le basti pensare che concesse l'utilizzo del proprio nome anche ad un'azienda agricola dedita alla coltivazione delle arance). Fu un avanguardista in questo in quanto anticipò di molto i tempi moderni: non è molto diverso da ciò che accade oggi, ad esempio, con attori, sportivi e quant'altro...lui addirittura fece del proprio nome un marchio sinonimo reale di successo.
    Detto ciò, la Flammarion, aveva come rivenditore qui in Italia, la famosa ditta Duroni & Co, tra le altre cose azienda ottica fornitrice della Reale Casa.
    Suo nonno avrà certamente utilizzato questo binocolo durante la Prima Guerra Mondiale ma ovviamente non si trattava di una dotazione militare ufficiale ma bensì di un'acquisto privato.
    Spero di esserle stato utile.

    Edited by historicacollectibles - 31/7/2022, 18:04
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    Codarossa ha individuato correttamente il modello di binocolo impugnato da Benito Mussolini, visibile nel video postato da jocularjohn, il quale confermo essere uno Zeiss Septar 7x50.
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    Una vera enciclopedia in campo ottico e non solo, ritengo persona di grande equilibrio e grande, grande intelligenza.
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    Auguri Sinceri a Voi Tutti
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    Buonasera, la matricola 6154 corrisponde all'anno di produzione 1896.
    In quell'anno, la C.P. Goerz, realizzo' ottiche le quali riportavano numeri di serie progressivi a partire dalla matricola 4701 alla matricola 6200. Trattasi di un binocolo ad uso civile e non militare.

    Le allego alcune foto dove può osservare il sistema prismativo interno il suo binocolo (tratto da un catalogo Goerz del 1903)
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    Dunque, per quanto pressoché identici nelle caratteristiche estetico-funzionali devo dire che, a prescindere dal produttore, le differenze riscontrate negli esemplari da me visionati interessavano sia gli ingrandimenti sia l'apertura campo visivo ed il reticolo: ad esempio, l'ottica installata sul mio telemetro, presenta un reticolo "Gitterplatte", altresì, in altri esemplari, ho riscontrato essere a "croce" oppure a "cerchio" se tali ottiche erano previste su postazioni telemetriche interessate al calcolo utile al "tiro contro aerei".
    Come correttamente dice lei Riccardo, queste caratteristiche variavano di molto in funzione dell'apparecchio a cui erano asserviti.
    Aggiungo inoltre che, nonostante le caratteristiche ottiche-funzionali differissero tra i vari esemplari, non mi è mai capitato di osservare più di 2 versioni di modelli ai quali, per tutta la durata del conflitto, non furono apportate significative modifiche estetico-strutturali sufficienti da poterli definire "nuove varianti" rispetto a quelli che inizialmente avevano previsto, appunto, sia le Officine Galileo sia la San Giorgio.
    Mi avvio alla conclusione facendo notare che venne intelligentemente realizzato un modo di fissaggio "unico-laterale" (dx o sx) il quale rendeva intercambiabile quest'ottica a prescindere dallo strumento su cui doveva essere installata.
    Infine molti collezionisti, altresì in modo del tutto errato, tendono a paragonare quest'ottica con i Flakfernrohr D.F. 10x80 (45°) o i Doppelfernrohr 10x80-80° forse per alcune caratteristiche che li accomuna nelle forme: nel modo più assoluto tali ottiche sono minimamente paragonabili sotto ogni punto di vista.

    Edited by historicacollectibles - 25/4/2020, 11:40
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    Era un ottica polivalente impiegata in vari sistemi di puntamento: Ovviamente era un ottica ausiliaria a strumenti ben più complessi. E' da considerarsi un mirino di primo avvistamento e nulla più. Vennero prodotte, a seconda del campo di applicazione, con reticoli diversi.

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    Trovo estremanente significativa, profonda e dotta la riflessione finale che fa:
    "...da quella traccia di umanità/identità che riporta e mi sembra di cancellare qualcosa o qualcuno per sempre":
    Complimenti, la trovo davvero ricca di senso. Credo che abbia già trovato la risposta che cerca: se posso permettermi, sabbiarlo non le porterà più denaro in caso di vendita, anzi, ma toglierà quel segno di vissuto e di originalità che farà comprendere (dubito ma spero) alle generazioni future che anche un piccolo binocolo ha una storia da raccontare...sarebbe, a mio sindacabile parere, come togliere ad una rosa il suo profumo: rimarrebbe solo un comune fiore.
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    Apprendo quanto da lei scritto Sig. Riccardo, ma mi permetta di dissentire convintamente sul "problema di metodo". Quale documento o libro oppure fonte diretta le garantisce quell'assoluta certezza della veridicità degli eventi? In quale scritto o paragrafo lei ritrova quell'assoluta certezza la quale la tranquillizza sul fatto che ciò che lei scrive è essere "la realtà dei fatti"? In tutta oggettività, per la mia certamente modesta esperienza personale, in nessun libro o pubblicazione sono mai certo di aver riscrontrato la "verità".

    Contrariamente a quanto a lei accaduto purtroppo io non ho mai avuto il piacere di essere certo neppure di quelle fonti primarie e dirette in cui molti, altresi', ritengono aver trovato garanzie sugli accadimenti. Il rischio del "copia ed incolla", e riportare la fonte a garanzia "di successo" a mio avviso, comporta l'alto rischio di continuare a propagandare notizie errate. E' certo lei che la sua fonte primaria abbia scritto esattamente, e sopratutto in modo incondizionato, la verità basata sui reali fatti? Certamente saprà, rimanendo in tema ottico, che neanche gli elenchi interni ufficiali Zeiss, relativi le matricole delle proprie ottiche corrispondono, nella realtà dei fatti, ai modelli li indicati ma bensì differiscono per caratteristiche e addirittura esemplare. Ciò riguarda anche "La Filotecnica", le Officine Galileo e molte altre aziende relativi molti altri argomenti.
    Cosa dobbiamo fare per questo, continuare a propagandare nel tempo un dato errato solo perchè così scritto nei documenti ufficiali anche se il dato comprovato è discordante?

    Personalmente rispetto le fondi, i medoti e le opinioni di ognuno in merito un dato argomento, tecnico oppure storico, ma cerco di trarre personali conclusioni argomentate esclusivamente da ciò che ho potuto constatare o comprovare le quali tengono conto dei riferimenti (scarsi devo dire) che accomunano le varie fonti: neanche questo, le assicuro, mi da tutte le garanzie sul fatto che questo raprresenti del tutto la realtà delle cose.
    Personalmente ritengo che si dovrebbe mettere in discussione quanto si legge o studia, a prescindere dalla fonte suppur "diretta", e prendersi le proprie responsabilità su cosa si va a scrivere: ciò rende più attenti, scrupolosi e responsabili.
    Troppo facile scrivere una frase e citare la fonte...è da storici "forse" ma non da ricercatori: a mio modestissimo avviso la storia nasconde sfaccettature fondamentali le quali non sono riportate in "alcun documento d'archivio": la verità va perseverata attraverso il "ragionevole dubbio" che, tutto ciò che si sa o si legge, non è tutto ciò che c'è da sapere.

    Le potrei citare molti, moltissimi esempi in merito ma uno che mi colpisce particolarmente è racchiuso in una bellissima intervista del Professor Emilio Del Giudice il quale narra di Augusto Righi e Guglielmo Marconi e mette in luce che, quanto sino ad ora propagandato etc etc, non corrisponde al vero sino ad ora scritto e affermato, comprovandolo lui in modo tangibile e argomentato.
    Cosa avrebbe dovuto fare Del Giudice, accodarsi a quanto scritto sino ad ora e citare la fonti? In tal caso, il Professor Del Giudice (purtroppo deceduto) ha fatto si di divenire a sua volta una "fonte"...fonte d'ispirazione da cui cogliere, argomenti, tesi, sentenze ed fatti, tesi al raggiungimento di una verità, quanto più vicina possibile, a quel dato accadimento.

    Scriviamo, leggiamo quanto più possibile percorrendo la via dell' informazione e del contraddittorio: cerchiamo di ambire non alla verità....meta a mio avviso utopica nell maggior parte dei casi...ma all'attendibilità della logica la quale da un senso all'accaduto, al realizzato.
    Dalle mie parti esiste un detto: " Fatti un nome, piscia e diranno che hai sudato"...questa frase è stata presa in seria considerazone da molti, troppi, autori di "false" verità.
    Perdoni il dilungare e le rinnovo i miei più sinceri complimenti per il suo prezioso sito e l'interessante argomento sollevato.

    Edited by historicacollectibles - 1/2/2020, 18:20
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    La questione riguarda, in modo oggettivo, argomentazioni le quali presentano molteplici sfaccettature e che richiedono riflessioni davvero precise e cronologicamente corrette ma cercherò, in estrema sintesi, di esprimere il mio pensiero a riguardo:
    Ritengo personalmente che le "distanze", tra l'industria ottico meccaniche bellica tedesca e quella italiana, fossero davvero sottili (fermo restando che i tedeschi produssero una quantità di modelli davvero impareggiabile).

    Le industrie ottiche italiane infatti potevano avvalersi di una "manodopera" davvero specializzata e capace, tecnicamente superiore (parlando ovviamente nell'ordine dei grandi numeri) alle maestranze tedesche. A sostegno di questa tesi riporto un piccolo esempio: Molti dei modelli di telemetri, prodotti dalle Officine Galileo, sono dotati del meccanismo che permetteva all'osservatore di introdurre, in caso di necessità, il sistema di lente per "correggere", durante l'osservazione l'astigmatismo: nessuno invece dei telemetri bellici tedeschi considera questo particolare in fondo poi così non insignificante.

    Ricordo inoltre, sintetizzando in modo estremo anche questo argomento (lo si può approfondire comunque al mio seguente link: www.historicacollectibles.com/it/bi...0x80-circa-1943) che la Zeiss rilevò, dopo un breve impiego a bordo delle navi della Kriegsmarine, problemi relativi la tenuta all'umidità, la quale ne causava un forte appannamento tanto da non essere più efficientemente utilizzabili, degli straordinari 10x80-20°. La Kriegsmarine decise di affidare il progetto, su licenza Zeiss, per la realizzazione del Doppelfernrohr 10x80 - 20° campo visivo 7° 122 metri a 1000 metri, ad altre tre aziende, al fine di ottimizzare al meglio la tenuta: furono contattate appunto la "Voigtländer & Sohn A.-G Braunschweig" (ddx), "Optische Praezisions-Werke of Warsaw" (eug) e l'Italiana "DUCATI" di Bologna cui fu assegnato il codice "mlr".
    Il 22 Febbraio 1942, la Ducati chiese al Comando Supremo della Difesa, con a capo Benito Mussolini, di poter ingrandire lo stabilimento di Borgo Panigale, per far fronte alla produzione di 1900 esemplari di D.F. 10x80 - 20°. commissionati dalla Kriegsmarine...
    Il 18 Settembre, Marcello Cavalieri Ducati, tenne la prima riunione per la progettazione del "BIMAR". Il 30 Settembre, tutto il personale incaricato allo sviluppo del progetto, fu messo sotto ordine di segretezza. Nei giorni seguenti, furono ordinati dalla Ducati, 500 componenti ottiche ad una azienda controllata dalla Zeiss, la Schott Glass Werke, principale produttore mondiale. L'8 Gennaio 1943, in una riunione tenutasi alla Ducati, fu stabilito il primo calendario di produzione: 2 esemplari nel mese di Marzo, 7 ad Aprile, 15 a Maggio, 20 nel mese di Giugno, 30 nel mese di Luglio e 45 nel mese di Agosto, per un totale di N. 119 BIMAR.
    Dopo una prima visita avvenuta nei primi mesi del 1942, il Professor Ronchi, tra il 20 ed il 27 Maggio del 1943, si diresse a capo di una equipe di tecnici, allo stabilimento della Zeiss di Jena, questa volta per testare il D.F. BIMAR, alla presenza dei militari del O.K.M. (Oberkommando der Marine).
    Il 3 Giugno, Marcello Cavalieri Ducati, fece i complimenti al Professor Ronchi, perchè il primo BIMAR superò brillantemente il test alla Zeiss di Jena. Dopo il 20 Luglio, altri 5 BIMAR furono consegnati alla Kriegsmarine. Nessuna delle altre aziende tedesche interessate per lo studio delle correzioni di tenuta riusci a superare i test: solo la Ducati riusci nell'intendo.

    Inoltre voglio riportare un altro esempio, apparentemente "lontano" ma che prepotentemente fa comprendere quanto l'ingegno italico, tra manovalanza e ingegneria, competeva prepotentemente con quelo tedesco:
    L'ingegner Campini progetto uno dei primi velivoli dotati di un motore non ad elica simile a quelli definiti a "propulsione a getto":
    L'idea iniziale prevedeva che i compressori potessero essere azionati sia da un motore a combustione interna che da una turbina a gas, ma si preferì seguire la prima proposta per semplicità tecnologica in quanto si ritenne eccessivamente impegnativo destinare risorse alla ricerca metallurgica necessaria per disporre di materiali atti a realizzare un motore affidabile (scelta che, a posteriori, si sarebbe rivelata fortemente limitativa). Campini richiese, pertanto, alla Isotta Fraschini (azienda, anche questa, di proprietà Caproni) la fornitura del nuovo motore V12 Asso XIR, ma per intervento della Direzione Generale delle Costruzioni Aeronautiche (che preferì che non venisse interrotta la sua fase di sviluppo) gli venne offerto un W18 Asso 750R.
    uesti mutamenti influirono negativamente sui costi e sui tempi di realizzazione, costringendo Campini a contattare i vertici ministeriali per richiedere una dilazione nella consegna ed un aumento (nell'ordine del 25-30%) della cifra originariamente prevista dagli stanziamenti. La richiesta fu parzialmente accolta, con un incremento dei finanziamenti del 16% e lo spostamento della data di consegna al 31 dicembre 1938, tuttavia i ritardi accumulati consentirono all'Heinkel He 178V1 di divenire il primo aereo a reazione della storia ad essere portato in volo.

    In ultimo potrei citare la storia del radiolocalizzatore EC3/ter «Gufo» prodotto dalle Officine Galileo e la battaglia di Capo Matapan svoltasi tra il 28 ed il 29 Marzo 1941.....mi riferisco a quando l’ammiraglio di squadra navale Iachino ordinò tassativamente a Ugo Tiberio (inventore del primo rilevatore radar a onda continua italiano considerato POI il padre del "Radar") di abbandonare le ricerche e di dedicarsi esclusivamente all’insegnamento.
    Le conseguenze furono disastrose come dimostrarono gli accadimenti futuri…2300 uomini d’equipaggio morti, i tre incrociatori “Zara”, “Fiume” e “Pola” e i due cacciatorpediniere, “Alfieri” e “Carducci”, distrutti tra il 28 ed il 29 Marzo 1941: questo il bilancio orribile della disfatta di Capo Matapan ( Capo Tenaro) inflitta dall’ammiraglio inglese Cunningham allo stesso Iachino ed il controllo navale del Mediterraneo irrimediabilmente perso.
    Ovviamente le conseguenze furono devastanti: 2300 uomini d’equipaggio morti, i tre incrociatori “Zara”, “Fiume” e “Pola” e i due cacciatorpediniere, “Alfieri” e “Carducci”, distrutti ed il controllo navale del Mediterraneo purduto definitivamente.
    Ebbene gli inglesi, in quella battaglia, avevano le dotazioni per l’avvistamento notturno, ovvero il radar, e soltanto dopo la tragedia avvenne il riconoscimento dell’inventore italiano da parte del Comando Supremo delle Forze armate che provvedè, ormai troppo tardi, alla "corsa" all’allestimento e all’installazione dei prototipi EC3/ter «Gufo».

    Potrei citare moltissimi altri esempi a sostegno del mio sindacabile, ma argomentato, pensiero:
    L'industria ottico-meccanica-ingegneristica tedesca vantava quella spinta, quell'incentivo, quella determinazione derivata dal raggiungimento di un obiettivo il quale era perseguibile, da parte degli alti comandi tedeschi, esclusivamente mediante azioni belliche rapide, devastanti e precise. Questo era appunto ottenibile esclusivamente comprendendo che il mezzo per farlo era destinare quante più risorse possibili alle industrie le quali dovevano ottemperare alla produzione di strumenti ottico-meccanici davvero efficenti ed evoluti: è questo il motivo per il quale la Germania poteva disporre di strumenti atti alla guerra estremante efficenti e con varianti appositamente ideate allo scopo.
    Purtroppo in Italia venne a mancare, da parte degli Alti Comandi, quella lungimiranza, quella preparazione e quell'inteligenza la quale avrebbe permesso di sviluppare e destinare, alla macchina bellica italiana, fondi per la realizzazione di strumenti utili i quali, troppo spesso, rimanevano solo a livello di "progetto" o a "prototipo", ma che avrebbero potuto apportare un enorme vantaggio una volta definiti e realizzati: in realtà, vantavamo Ingegneri e manovalanze talmente capaci da superare, in molti casi, quelle tedesche.

    A conclusione di ciò ritengo infatti che un grande errore, commesso da parte dell'alto comando Tedesco, fu quello di non "gestire" direttamente, e secondo le proprie metodologie, l'industria bellica italiana (ottica, meccanica, etc etc).
    Con il pieno supporto delle capacità ingegneristiche e meccaniche italiane (in campo ottico, aeronautico etc etc) l'impatto bellico sarebbe stato senza precedenti e impossibile da contrastare.
    Spero di non essermi dilungato oltremodo ma lo ritenevo un argomento che, per quanto sinteticamente ho riassunto, meritava alcune puntualizzazioni.

    Edited by historicacollectibles - 1/2/2020, 21:39
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    Auguri Carlo ed Auguri a Tutti gli Appassionati del forum !!
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    Riccardo Balestrieri volevo fare a lei, ed al suo eventuale staff, i miei più sinceri complimenti per le informazioni racchiuse nel suo sito: Non solo avete messo a disposizione di chiunque voglia e necessiti, informazioni importanti relativamente la produzione O.G., ma state contribuendo a far conoscere un marchio il quale è stato un'eccellenza italiana e non solo nel campo ottico-meccanico. Inoltre traspare una passione e dedizione alla causa davvero ammirevole. A voi tutto il mio plauso.
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    E' un articolo estremamente interessante ma tengo a precisare che durante la 2 Guerra Mondiale, così come in tutte le guerre "civilizzate", esisteva ed esiste tutt'ora, quello che viene definito "Diritto Bellico" ovvero quell'insieme di norme giuridiche che disciplinano la condotta delle parti in guerra.
    Nello specifico ogni comandante di Nave, Sottomarino, Mas, etc etc aveva l'obbligo di assistere all'affondamento in modo da garantire che ogni superstite, sopravvissuto allo scontro, potesse essere tratto in salvo (ovviamente salvo alcune rare eccezioni dove anche la vita stessa dell'equipaggio "a bordo" poteva essere messa in pericolo).
    Se si va ad analizzare, ad esempio, il processo contro Karl Dönitz, Comandante in Capo della Kriegsmarine, si potrà apprendere che, contrariamente a molti altri imputati, non fu accusato di crimini contro l'umanità ma venne imputato per il "coinvolgimento" in una guerra di aggressione e crimini contro le leggi di guerra. Nello specifico fu accusato di aver permesso di intraprendere, alla Kriegsmarine, una guerra sottomarina indiscriminata e di avere dato ordine, dopo l'affondamento del Laconia, di non soccorrere i sopravvissuti delle navi attaccate dai sottomarini. Altresì Dönitz produsse un "affidavit" dell'ammiraglio Chester Nimitz (Ammiraglio U.S.A.), che testimoniava che gli Stati Uniti avevano anch'essi usato come tattica la guerra indiscriminata nel Pacifico e che i sottomarini U.S.A. non soccorsero i sopravvissuti in situazioni dove la loro sicurezza era in dubbio.
    Nonostante questo il tribunale trovò Dönitz colpevole di "crimini contro la pace" e fu condannato a scontare 10 anni di carcere. Tra tutti i verdetti emessi a Norimberga, quello contro Dönitz, fu sicuramente il più controverso e quello che certamente diede vita al concreto sospetto che la Germania, in ogni modo, doveva risultare l'unica responsabile e fautrice dei crimini contro l'umanità. Contrariamente Dönitz sostenne sempre di non aver fatto niente di diverso rispetto a ciò che la sua controparte (Marina U.S.A. Inglese etc etc) non avesse fatto. A testimonianza della natura controversa della decisione, numerosi ufficiali "alleati" spedirono a Dönitz delle lettere che esprimevano il loro rammarico sul verdetto del processo.

    Un'altro esempio fondamentale, il quale porta alla luce il fatto che la Guerra in Mare non aveva lo scopo di uccidere uomini ma affondare mezzi in modo da ridurre la potenza navale delle nazioni belligenarti, si ha analizzando i fatti che portarono all'affondamento della "HMS Valiant".
    Nel dicembre 1941 la Valiant venne minata e affondata da Luigi Durand de la Penne (Incursore Gamma della X Flottiglia) durante un'azione nel porto di Alessandria d'Egitto. Appena riemerso, de la Penne, venne catturato insieme all'altro incursore Emilio Bianchi. Furono interrogati dagli inglesi a bordo della stessa Valiant ma, sia de la Penne che Bianchi, si rifiutarono di rilevare i motivi della loro presenza attorno alla Valiant.
    Altresì, a 10 minuti dall'ora prevista dell'esplosione, Durand de la Penne fece chiamare il comandante della Valiant, Charles Morgan, e lo avvertì dell'imminente esplosione dell'ordigno che avevano piazzato, permettendo all'equipaggio inglese di salvarsi. Nonostante ciò gli inglesi si arrogarono del diritto di rubare/sottrarre gli orologi, Panerai Mod. Luminor, che i 2 incursori indossavano.

    Se si va a leggere nei molti libri di storia scritti sino ad adesso, queste gesta "umane" da parte dei tedeschi e degli "Italiani" sono riportate solo come "in via del tutto eccezionale" ma nella realtà dei fatti non fu assolutamente così. Quantomeno in egual misura, se posso semplificare questo dire, sia i Tedeschi che gli Italiani non assunsero assolutamente un atteggiamento diverso rispetto alle nazioni definite "Alleate" (Inglesi, Americani, Russi).

    Edited by historicacollectibles - 2/9/2018, 10:38
136 replies since 30/11/2014
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