Ottica da Cecchino "La Filotecnica" Anno 1917.....

Storica del Fucile 91 con Ottica "La Filotecnica"

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  1. historicacollectibles
     
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    PREFAZIONE:
    Dopo molti anni di attente ricerche, per cercar di portar luce su un'argomento estremamente affascinante e tanto misterioso, mi trovo oggi ad avere il piacere di condividere, con chiunque volesse, i frutti di molte fatiche.
    Quello che andrò a descrivere appartiene, sono certo, alla storia di ognuno di noi e rappresenta un piccolo ma fondamentale tassello che porta luce sulla storia di una delle più rare e ricercate ottiche italiane della Prima Guerra Mondiale e non solo.
    L'argomento che andrò a relazionare coinvolge a pieno la storia di "quest'occhio mortale" che tanto caro fu ai nostri tiratori scelti durante la Prima Guerra Mondiale.

    IL CANNOCCHIALE "LA FILOTECNICA":
    Il Cannocchiale “La Filotecnica Milano”, i Modelli Francesi denominati “Scheibler” e "Amigues" (Era in uso ai soli cecchini francesi anche la APX Modello 1916), furono le uniche 3 versioni significative distribuite ai Tiratori Scelti Italiani durante la Grande Guerra.
    Il Cannocchiale “La Filotecnica” altresì era in parte la versione derivata del modello francese "Albert Amigues".
    Queste sono le caratteristiche dell’ottica “La Filotecnica":
    - Una rotellina a cursore bloccabile con apposita vite zigrinata, permette di regolare il reticolo sino a 300 metri.
    - Il reticolo è di tipo a " ago ".
    - Il Cannocchiale è dotato di 5,5 ingrandimenti.
    - Diametro Oculare 40 mm.
    - Diametro Lente di uscita 23 mm.
    - Lunghezza Totale 28,5 cm.
    Il cannocchiale "La Filotecnica Milano", rispetto alle ottiche francesi Mod. “Scheibler” e "Amigues", fu notevolmente migliorato sia nella parte ottica sia in quella meccanica:
    - Fu meno soggetta ad inceppamenti e rotture perché la meccanica fu resa più fluida e precisa;
    - Fu eliminato il mollone che avrebbe dovuto attutire il contraccolpo dato dal rinculo del'arma in quanto si rivelò inutile;
    - Fu ridotto l'ingombro accorciandola di 2 cm;
    - Fu dotata di un pratico innesto di bloccaggio rapido;
    - Furono utilizzate lenti di primaria qualità, come era nella tradizione della La Filotecnica.
    I francesi capirono ben presto che il loro cannocchiale di mira non era adeguato al compito affidatogli.
    Quindi, dopo averlo fornito all'Italia, passarono dapprima ad una versione migliorata (con l'aggiunta di un grande oculare in gomma e l'accorciamento del "tubo" perchè fosse più luminoso), finchè, verso la fine del 1916, adottarono il "Mie. APx", costruito dalla ditta G. Forest di Parigi, che andò ad equipaggiare i Lebel .

    IL FUCILE 91 CON OTTICA:
    Di seguito pubblico il mio Fucile Carcano Mod. 1891 (Disattivato), prodotto dall'Arsenale Armi di Terni nel 1917, che fu destinato ai cecchini del Regio Esercito Italiano durante la prima guerra mondiale a partire dal 1917.
    Questo fucile fa parte di una limitatissima produzione (*) facente parte di un lotto avente matricole rigorosamente YN comprese in un range tra il Nr. 8000 ed il Nr. 9999.
    Questo fucile, è dotato di particolari attacchi per l'innesto di un rarissimo cannocchiale prodotto da "La Filotecnica - Milano", la quale dispone di 5,5x ingrandimenti circa ed è dotata di una ghiera a cursore per la messa a fuoco.
    Queste ottiche, una volta prodotte da "La Filotecnica Milano", venivano inviate alla Fabbrica d'Armi Terni dove, tecnici specializzati, provvedevano al posizionamento micrometrico di appositi attacchi sul fucile, i quali dovevano compensare la mancanza di deriva dell'ottica in quanto, il tiratore scelto, poteva agire solo sulla regolazione dell'alzo del reticolo mediante apposita rotellina a cursore sulla quale sono riportati traguardi di 100, 200 e 300 metri. Questa procedura permise di realizzare un fucile che consentiva al cecchino di effettuare tiri di alta precisione anche a lunghe distanze.
    Questo fucile è uno dei 3/4 esemplari originali conosciuti e certamente l'unico disattivato in quanto, una regolamentazione successiva rispetto alla data di disattivazione di questo fucile ne vietò, causa l'estrema rilevanza storica, la disattivazione. Questo pertanto è l'unico esemplare di questa serie regolarmente detenibile da chiunque senza l'obbligo del titolo di porto di fucile.

    (*)ESTREMAMENTE IMPORTANTE:
    Dopo molti anni di attente e scrupolose ricerche condotte, riguardo la leggendaria storia sulla produzione del Fucile Carcano 91 dotato di ottica La Filotecnica Milano destinato ed utilizzato dai cecchini Italiani del Regio Esercito Italiano durante la prima guerra mondiale, è doveroso fare una importante e fondamentale rettifica per portare alla luce la vera storia ed il reale numero di fucili, con ottica, sino ad oggi stimati da collezionisti e storici, in via del tutto teorica, in 2000 esemplari. Si è conoscenza e possiamo affermare con assoluta certezza che, ogni lotto di produzione di Carcano 91, era composto da 10000 esemplari che venivano matricolati con almeno un suffisso indicante una lettera. I 91 venivano matricolati iniziando dal Nr. A1 fino al n A9999 finchè, terminata la produzione del lotto, veniva sostituita progressivamente una lettera dell'alfabeto ricominciando dal 1 e cosi via, sino ad utilizzare due suffissi letterali. Si conosce già da tempo l'esistenza di soli 3/4 fucili con ottica facenti parte di un lotto di 10000 esemplari con suffisso YN prodotti dalla Fabbrica Armi di Terni nel 1917: questi particolari fucili sono inseriti all'interno di un range matricolare compreso tra YN8000 e YN9999. Altresì anche i relativi cannocchiali prodotti da La Filotecnica nel 1917, riportano matricole comprese tra 8000 - 9999.
    E' con la massima ragionevolezza dunque che si afferma che gli esemplari di Carcano 91, con cannocchiale La Filotecnica prodotti per essere destinati ai cecchini, non furono 2000 in quanto non furono 2000 i cannocchiali prodotti.
    E' necessario infatti partire da un presupposto fondamentale: LA FILOTECNICA MILANO, azienda primaria specializzata nella costruzione di ottiche e strumenti di altissima precisione, iniziò la sua produzione nel 1877 attribuendo al primo oggetto prodotto matricola "1" e assegnando successivamente una numerazione progressiva delle matricole senza tenere conto dell'anno e della diversità dei lotti prodotti così come invece diversamente avveniva per altre aziende come ad esempio La Carl Zeiss Jena, la cui produzione dei lotti, per tipo di strumento, non era sequenziale fino all'esaurimento della commessa. All'interno de "La Filotecnica Salmoiraghi" infatti esistevano più linee di produzione pertanto, i numeri di matricola, potevano essere assegnati, se pur consecutivamente ad una produzione parallela e contemporanea, a strumenti ed ottiche totalmente diversi tra loro. Ciò significa che nelle presunte 2000 matricole (8000-9999), relative i cannocchiali che rispettivamente dovevano essere installati sui 2000 fucili, va tenuto conto che vi sono, all'interno della numerazione matricolare, anche molti strumenti ed ottiche di tipologia diversa come ad esempio sestanti, binocoli, microscopi, strumenti scientifici, topografici etc. etc.
    A conferma di ciò si è riscontrare che, in quel range matricolare (8000-9999), vi sono compresi strumenti diversi rispetto ai soli cannocchiali da cecchino. Su tutti, ad esempio, si è riscontrato un sestante marcato La Filotecnica Milano, prodotto per la Regia Marina Italiana, avente matricola 8779.
    Quindi in questi anni in modo del tutto superficiale e teorico, certamente purtroppo senza poter disporre di nessuna prova documentata utile a favorire chiarimenti, è stato erroneamente convenuto quantificare la produzione di Carcano 91 con ottica La Filotecnica, in 2000 esemplari (dalla matricola YN8000 alla matricola YN9999).
    Pertanto a conclusione di ciò, anche a fronte del quantitativo limitatissimo di strumenti prodotti per tipo da La Filotecnica Milano in quegli anni, si può asserire, con assoluta ragionevolezza, che i fucili Carcano 91 con cannocchiale destinati ai cecchini non furono oltre i 100 esemplari.

    COSA C'E' DA SAPERE:
    Il 7 Agosto 1915, con ordine del Comando Supremo del Regio Esercito, a firma del Sottocapo di S.M., Gen. Porro, furono istituiti i cecchini (l’oggetto della circolare riporta però “Tiratori Scelti”) al fronte.
    Era previsto un fregio da braccio, da cucirsi in senso obliquo a metà tra spalla e gomito, raffigurante un fucile ricamato in filo nero su panno grigioverde per la truppa. Oltreciò veniva rilasciato anche un attestato di conferimento.
    Purtroppo, il nostro Comando Supremo, non istituì ne prevedette mai una scuola "cecchini" come a differenza fecero i francesi con le scuole Hesketh-Prichard dove vennero insegnate tecniche di mimetismo ed infiltrazione.

    Come riporta altresì il Compendio D'istruzioni per l'Esame di Tiratore Scelto - Tiro a Segno Nazionale, anno 1915 - si pensò di redigere un "Modus Operandi", il quale riporta quanto segue:
    In Piedi - Il tiratore è volto obliquo destro, col piede destro spostato indietro ed a destra di circa mezzo passo, secondo la propria statura, le ginocchia tese, il peso del corpo egualmente ripartito sulle gambe, la testa volta di fronte, con lo sguardo fisso avanti.
    L'arma con l'otturatore in posizione di sparo, è spianata e premuta contro la spalla destra con ambe le mani, ma senza sforzo, la mano sinistra in corrispondenza del centro di gravità col pollice disteso lungo il fusto, le altre dita unite e piegate di traverso senza toccare la canna.
    Il braccio sinistro, naturalmente piegato, dirige l'arma verso l'oggetto da mirare, senza inclinarla ne a destra ne a sinistra; la mano destra stringe l'impugnatura col pollice disteso sul suo fianco destro; l'indice appoggiato leggermente sul grilletto; le altre dita unite e piegate in modo da avvolgere l'impugnatura; il gomito destro naturalmente rialzato senza oltrepassare la spalla; la testa leggermente inclinata verso il calcio, in guisa che l'occhio destro possa dirigere una visuale che, lambendo il fondo della tacca dell'alzo e la sommità del mirino, vada all'oggetto che si vuol colpire.
    Si può tollerare che la mano sinistra sia tenuta più avanti o più indietro del centro di gravità, quando ciò sia più comodo per il tiratore.
    La posizione dei piedi dev'essere tale da dare al corpo, senza che questo si irrigidisca e contragga alcuna delle sue parti.
    Ogni viziosa disposizione del corpo è a danno dell'immobilità nel puntamento e rende meno agevole all'occhio la percezione del punto da mirare.
    Le anche devono risultare disposte secondo la linea dei talloni, affinchè il corpo non sia contorto, le spalle alla stessa altezza e in posizione corrispondente quella delle anche.
    Il tiratore deve essere addestrato a puntare con l'occhio destro, tenendo chiuso il sinistro.
    Quando però, per grave difetto di vista dell'occhio destro taluno fosse costretto a servirsi del sinistro, è consigliabile ch'egli punti come se fosse mancino.
    Così pure se taluno non sapesse, per invincibile difficoltà, tener chiuso l'occhio sinistro, gli si potrà consentire di puntare con ambedue gli occhi.
    In Ginocchio - Il tiratore col ginocchio destro posato a terra, dietro e un poco a destra del calcagno sinistro, ed il ginocchio sinistro piegato quasi ad angolo retto, è seduto sul calcagno destro, lo sguardo fisso avanti.
    L'arme con l'otturatore in posizione di sparo è tenuta come nella posizione in piedi; il gomito sinistro è appoggiato sopra il ginocchio.
    A Terra - Il tiratore col corpo disteso bocconi a terra, le gambe o distese o leggermente aperte, ovvero incrociate, secondo che torna più comodo, appoggia a terra uno od ambedue i gomiti.
    L'arma coll'otturatore in posizione di sparo, è tenuta come nella posizione in piedi.
    Da Seduto - E' posizione che può tornare adatta su forti pendenze o su speciali accidentalità del terreno.
    Il tiratore è seduto in modo da sentirsi il più comodo possibile.
    L'arme, coll'otturatore in posizione di sparo è tenuta come nella posizione in piedi; il gomito sinistro, quando ciò riesca comodo, è appoggiato sul ginocchio.

    Un manuale del Regio Esercito, stampato nel 1916 e citato su Uniformi e Armi n° 151 del Novembre 2008, argomento "cecchini in grigioverde" di Filippo Cappellano e Livio Pierallini, emanava le disposizioni per l'uso del cannocchiale:
    1) Compito del fucile munito di cannocchiale è di colpire comandanti, osservatori d'artiglieria e in genere bersagli piccoli, seminascosti, o per qualche ragione poco visibili.
    2) Quest'arma dev'essere impiegata con ogni cura e affidata solo ad individui che, oltre ad essere buoni puntatori, ne conoscano perfettamente l'uso, e siano in grado di rendersi conto della precisione e della delicatezza del congegno.
    3) Ogni tiratore deve essere accompagnato da uno o due uomini che, nel caso che il tiratore rimanga ferito, riportino il fucile al comandante la compagnia.
    4) A chi non ne abbia l'incarico è proibito nel modo più assoluto di smontare o manomettere con qualsiasi mezzo il cannocchiale; in caso di guasti il fucile sarà rimesso personalmente al comandante la compagnia che ne curerà l'invio a chi di dovere per le necessarie riparazioni.
    5) Ogni cannocchiale è adattato ad un determinato fucile ed è proibito montarlo su un altro fucile, perchè non si sarebbe più sicuri di colpire: ogni cannocchiale e ogni astuccio portano impresso il numero di matricola del relativo fucile.
    6) E' necessario che, prima di montare il cannocchiale sul fucile, il tiratore si accerti che gli attacchi siano ben puliti e scevri di granelli di sabbia o altro che possa compromettere la rettifica della mira ottica.
    7) Per assicurarsi della rettifica della mira ottica: rovesciare l'alzo; regolare il bottone graduato superiore per la distanza di 200 metri; puntare l'arma (appoggiata) contro un bersaglio distante circa 200 metri servendosi del cannocchiale; verificare se la linea di mira ordinaria e quella ottica passano per il medesimo punto: possibilmente sparare qualche colpo e verificare se il punto colpito coincide con quello puntato.
    8) Il fucile munito di cannocchiale deve essere accuratamente sgrassato prima del tiro e la canna deve essere pulita a secco dopo ogni colpo, per ottenere sempre un tiro preciso. Dopo l'uso si procederà a una pulitura accurata, servendosi della bacchetta e di canapa, strofinacci di cotone e piccoli pezzi di legno, nonchè petrolio, olio, sapone lubrificante, grasso per armi - Evitare assolutamente di servirsi di altri mezzi.
    9) Il bottone graduato superiore dev'essere regolato secondo la distanza del bersaglio e poi fissato colla apposita vite di pressione; evitare di manovrarlo quando non sia strettamente necessario, per non logorare inutilmente le parti interne.

    Il Cecchino prestava il servizio di vedetta/sentinella quando sorvegliava il fronte e sotto riporto alcune punizioni, per violata consegna del compito, che il regolamento militare di guerra prevedeva. Si va, nei casi più gravi, dalla pena di morte "...mediante fucilazione nella schiena..." o "nel petto" (da Arte Militare e Regolamenti - 1915, una sinossi in dotazione ai corsi di ufficiale di complemento) a seconda se l'abbandono del posto comprenda anche la diserzione, fino alla consegna semplice (nel testo pena disciplinare) da scontare nei turni di riposo in retrovia.
    Dal libretto personale Regio Esercito Italiano - edizione 1915 - in cui i reati sono esposti in modo più sintetico:
    La sentinella o vedetta, collocata innanzi ad un posto o corpo qualunque di militari esposti agli attacchi del nemico, od in un sito forte assediato o investito, che non eseguirà la consegna od abbandonerà il posto in cui fu collocata sarà punita di morte, qualora la sicurezza del posto, del sito forte o dei militari sia stata compromessa.
    Se la menzionata sicurezza non sia stata compromessa o la sentinella sia trovata addormentata, o si lasci senza necessità rilevare da altri che dai caporali della guardia di cui fa parte, incorrerà nella pena di tre a dieci anni di reclusione militare.
    La sentinella o vedetta, collocata alla guardia di parchi d'artiglieria, di convogli o magazzini di munizioni da guerra, arredi, viveri o foraggio, che abbandonerà il suo posto, o mancherà in qualunque modo alla consegna, sarà punita con la reclusione militare da tre anni a sette.
    Sarà invece punita col carcere militare da due mesi a sei se sarà trovata addormentata.
    La sentinella o vedetta che, fuori dei casi precedenti, abbandonerà il suo posto, o mancherà in qualunque modo alla consegna, sarà punita col minimo della reclusione militare o col carcere militare.
    Sarà invece punita con pena disciplinare se sarà trovata addormentata.

    TESTIMONIANZE:
    Riporto alcune testimonianze, tratte da "Memorie di Guerra - Il Dovere e la Ragione", in cui sono riportate le memorie di un cecchino Italiano "Anonimo":
    "........Quindi mi ha educato anche a sapere i punti più delicati o più mortali o quelli più dolorosi che permettano di non fuggire o di agonizzare immobile. Cose crudeli ma necessarie in questa guerra che mi rendo conto solo adesso di quanto siano sudice e tremende...Quindi ripassai tutti gli organi per ordine di morte per poi passare alle ossa per ordine di invalidazione. Testa, cuore, stomaco alto, polmone, colonna vertebrale, occhio e via di seguito. Poi ossa delle gambe, piede, mano".
    "Addirittura mi è stato fatto un lasciapassare che è valido per tutta la Zona Carnia(n.d.r. la zona in cui operava il nostro cecchino)dove si dice che devo rendere conto direttamente all'ufficiale superiore dal quale esclusivamente debbo avere le direttive generali o singolari da parte del Comando...che ho facoltà ed autorizzazione nello spostarmi senza ordine di trasferimento alcuno e senza dare conto ai subordinati all'interno e lungo le linee del fronte".
    "Presi il cannocchiale e cercai di scovare un nemico nascosto. Lo vidi con l'elmetto marroncino (n.d.r. evidentemente aveva il suo M16 ricoperto da telino antiriflesso) disteso dietro ad un piccolo speroncino di roccia che armeggiava qualcosa.
    Puntai verso di lui mettendoci tutta la mia arte e pazienza.
    Binocolo sopra il fucile, lo vedevo armeggiare, forse chiamare e più armeggiava e chiamava e più si distraeva dalla sua protetta, o quasi, posizione e più montava in me la voglia di ammazzarlo.
    Ebbi la fortuna di centrare una spalla già al primo colpo. Mi accorsi del centro perché vidi lo spolvero della casacca colpita accuito dall'impatto con le carni.
    Subito dopo lo ricentrai mentre si dimenava per chiamare aiuto o dal dolore, questa volta di tralice nel petto: e lo vidi stramazzare.
    Non bastava mi misi a cercarne altri fino a scovarne uno nascosto ancora dietro un fusto di albero che smanettava in direzione di un suo compagno, anch'esso nascosto nell'albero accanto.
    Ci vollero tre tiri prima di centrargli in pieno il ginocchio e vederlo cadere di lato purtroppo sempre nascosto dall'albero. Ebbi ancora più fortuna quando, il suo commilitone, credendo che il tiro fosse stato uno dei tanti che partivano a casaccio dalla trincea e non da un cecchino, cercò incautamente di soccorrerlo.
    Allora lo colpii fra elmetto e collo. Lo vidi barcollare, dopo un attimo di fredda immobile morte tanto che stavo per tirargli ancora. Poi scartò di lato: finito".

    Sempre da "Memorie di Guerra - Il Dovere e la Ragione" riporto un passo dove viene descritta una postazione cui operava un cecchino italiano:
    "Non so chi aveva ricavato questa buchetta a forma di goccia appunto che aveva, nella parte terminale davanti al ripido pendio, una salita ghiaiata con sassi vari.
    La postazione, se così si può chiamare, era stata fatta con sassi e legni e pareva, in piccolissimo, una torre crollata da un fianco ove era restata solo una feritoia nel semicerchio ancora in piedi.
    A questa feritoia era stato messo uno scudo rettangolare di ferro spesso e verniciato di marrone con un foro a forma di oliva od uovo nel suo centro.
    Era da lì che dovevo sparare".

    Riprendendo la citazione tratta da "Memorie di Guerra - Il Dovere e la Ragione", avendo un impiego "da postazione", piuttosto che da "terra di nessuno", il luogo da cui operava il tiratore, infatti, era la trincea.
    Poteva operare da una feritoia della trincea, nel qual caso poteva adoperare degli appositi affustini per tirare con l'arma già aggiustata sul bersaglio, Oppure poteva operare da dietro uno scudo.
    La cosa interessante, e che si può verificare anche al giorno d'oggi, è lo sviluppo in piano delle trincee italiane, le quali hanno sempre avuto un andamento piuttosto "lineare", fatto probabilmente dovuto alla natura del terreno particolarmente impervio (mi riferisco ad esempio al Carso, per non citare l'Altopiano di Asiago od altri luoghi "ameni") e non tortuoso ed articolato come le trincee sul fronte occidentale.
    La tortuosità serviva soprattutto a difendere meglio il tratto di fronte in caso di colpo di mano nemico.

    Riporto un passo, tratto da pagina 63, del libro di Campana "Perchè ho Ucciso":
    "Ricordo il suo viso giovanissimo, sbiancato, magro, magro, occhi molto grandi, biondo, biondo.
    L'avevo già bene in mira, senza tremare, nel mezzo del petto. La tempia mi batteva forte contro il calcio del moschetto. Ho lasciato andare la botta e ho subito rialzato un po' il capo per vedere l'effetto del colpo: come a caccia, proprio come nei capannelli, quando si allunga il collo dalla guardiola per assicurarsi dove casca il morto.
    Egli ha inarcato le braccia contro il cielo, piegandosi sui ginocchi e si è afflosciato giù tra i massi con quattro o cinque strattoni"

    In Ultimo riporto la preghiera del Cecchino o Tiratore Scelto:
    San Gabriele Possenti
    che fosti virtuoso nel sacrificio e nel coraggio
    quanto nell`esercizio della mira,
    ti preghiamo, benedici le nostre armi
    affinché possano servire per difendere
    e giammai per offendere,
    affinché possiamo trovare nella nostra attività
    amicizia e fratellanza.
    Guida la nostra mano per fare centro
    con le nostre mani
    ed ancor più con il nostro comportamento,
    per essere degni cavalieri di questo tempo.
    Proteggici dai nemici
    di amore e libertà e giustizia
    e rendici degni e pronti al sacrificio
    Amen.



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    La Salmoiraghi fu un'azienda frutto dell’esperienza che Angelo Salmoiraghi acquisì, dopo essersi laureato al Politecnico di Milano, nella Filotecnica, fondata nel 1865, sotto la guida del fondatore Ignazio Porro. Nella Filotecnica, l’Ing. Salmoiraghi, rivestì cariche di responsabile fino ad acquisirne, nel 1873, la proprietà trasformando il nome in „Salmoiraghi, Rizzi e C.“ società dedita alla produzione di strumenti ottici e topografici. Nel 1877 la Società si sciolse e Angelo Salmoiraghi proseguì da solo l’attività con una nuova società denominata "Filotecnica Salmoiraghi". Alla Fine del Secolo ebbe eccellenti collaborazioni: su tutte quella di Francesco Koristka, migliorando l’offerta di strumenti ottici e di precisione. Sotto la sua guida la ditta si sviluppò notevolmente, fino ad acquisire un ruolo di primo piano tra i produttori di strumenti ottici e di precisione per il Regio Esercito, la Regia Aeronautica e la Regia Marina.



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    Edited by historicacollectibles - 30/4/2017, 11:26
     
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