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Twinkle, twinkle little star Why d'you twinkle way up thar? Are you blinking? Or am I? Or is it something in the sky?
Questa poesia, trovata tra le pagine di una vecchia rivista di Ottica, richiama l'attenzione su un fenomeno ben noto, facilmente osservabile e pieno di fascino. Il testo, adattato rispetto alla tradizionale filastrocca, sintetizza in due rime l'essenza del fenomeno e l'autrice, Janet Shields, ricercatrice alla University of California, San Diego, ne parla a proposito della corretta comprensione dei fenomeni naturali da parte dei bambini.
E' anche stata uno stimolo per gli appunti che seguono, per i quali ho pensato di realizzare qualche immagine che potesse rendere più concreta la percezione del fenomeno e delle sue varie implicazioni.
Come sappiamo la scintillazione è provocata dal passaggio della luce attraverso strati o masse di aria a differente temperatura e di conseguenza con diverse caratteristiche di densità e indice di rifrazione. Il termine viene generalmente associato alla luce delle stelle a causa della sua manifestazione più poetica, e a questo ambito ci si riferirà nel seguito, ma sappiamo che anche nelle ore diurne possiamo notare il medesimo effetto ogni volta che un oggetto lontano viene osservato attraverso un forte gradiente di temperatura, come in prossimità dell'asfalto su una strada, sui tettucci delle automobili parcheggiate al sole o in vicinanza di una fiamma.
La scintillazione è più evidente per le stelle che si trovano poco elevate sull'orizzonte, fino ad altezze di 30 o 40 gradi, a causa del grande spessore degli strati di atmosfera attraversati dalla loro luce, mentre si riduce progressivamente ad elevazioni maggiori fino quasi a scomparire in prossimità dello zenit nelle serate favorevoli.
In questa stagione Sirio è il migliore soggetto: è una stella molto brillante, la più luminosa del cielo, e il suo spettro contiene tutte le lunghezze d'onda visibili, dal rosso al violetto; nel cielo invernale si trova in posizione poco elevata sull'orizzonte, così che la sua luce attraversa gli strati d'aria più densi e turbolenti: per queste ragioni la sua scintillazione si manifesta sempre in modo notevole e decisamente appagante.
Le immagini che seguono si riferiscono agli effetti della turbolenza atmosferica sulla luce proveniente da Sirio e sono state registrate poche sere fa, prima che con l'avvicinarsi della primavera questa stella scompaia dal nostro cielo invernale.
Il dispositivo di prova, semplicissimo, è mostrato in figura, con l'obiettivo di un piccolo telescopio e il sensore di una macchina fotografica. Ho utilizzato un obiettivo apocromatico del diametro di 105 millimetri e di assoluta qualità ottica al solo scopo di evitare i dubbi relativi a possibili influenze di fattori spuri ma i risultati sarebbero stati sostanzialmente sovrapponibili anche impiegando uno strumento più modesto, rifrattore o riflettore.
La luce proveniente dalla stella si concentra in prossimità del piano focale dell'obiettivo per poi divergere nello spazio extrafocale: qui, alla distanza di circa 10-15 millimetri dal piano di fuoco, viene posizionato il sensore della macchina fotografica. Questo scostamento rispetto al piano focale genera sul sensore una sorta di proiezione della apertura libera del telescopio; allo scopo della registrazione fotografica tale proiezione deve solo possedere una dimensione e una intensità tali da permetterci di registrare immagini utilizzabili: aumentando la distanza dal fuoco aumenta anche la dimensione del dischetto immagine sul sensore ma il conseguente calo di intensità luminosa diventa rapidamente insostenibile così che nelle mie prove il dischetto non poteva essere più grande di un paio di millimetri. Il vincolo principale è qui il tempo di posa: il fenomeno da registrare è in rapido movimento e esposizioni superiori a 1/15 di secondo sono impraticabili perché dilavano la registrazione. Per cercare di sopperire alla poca luce disponibile la sensibilità del sensore va regolata ai massimi livelli, nel mio caso era di 12800 ASA. Se tutto funziona, alcune esposizioni effettuate in successione delineano, istante per istante, una mappatura della luce che dalla stella ha raggiunto l'apertura libera dell'obiettivo, con la distribuzione di intensità e di colorazione assunte dopo le rifrazioni e la dispersione cromatica provocate dal passaggio attraverso gli strati dell'atmosfera. Si vede come sulla superficie dell'obiettivo non incide un fronte d'onda omogeneo e "bianco", come ci si potrebbe aspettare, ma una continua e rapida alternanza di colori e di intensità le cui caratteristiche fotometriche e dimensionali sono direttamente rilevabili dalle medesime immagini, se solo vengono confrontate con la dimensione nota della apertura libera della nostra ottica di ripresa:
In questo modo è facile visualizzare il rapporto tra le rispettive dimensioni: con una pupilla di circa sette millimetri di diametro, il nostro occhio può intercettare una piccolissima porzione della apertura di 105 millimetri come mostrata dalle riprese e che serve da efficace confronto: risulta evidente come nei diversi istanti una tale piccola porzione (quasi sempre inferiore ai sette millimetri di riferimento) potrebbe essere totalmente priva di illuminazione o invece essere interessata dalla casuale successione dei più diversi colori e intensità: è proprio questa rapida alternanza che percepiamo come scintillazione.
Occorre notare che diversamente dalla disposizione sperimentale utilizzata in questa prova, nella osservazione telescopica, o con un binocolo, ciò che propriamente si osserva è invece il piano focale, dove le stelle hanno dimensioni ridottissime e la loro intensità è determinata dal contributo della intera apertura libera dell'obiettivo. Questa condizione è sufficiente a mediare gli effetti della scintillazione, che viene molto attenuata se si osserva con strumenti anche di modesta apertura.
E i pianeti? A differenza delle stelle i pianeti non sono interessati dal fenomeno della scintillazione e sono facilmente distinguibili tra le stelle per la apparente fissità della loro luminosità e del loro colore. Questo in conseguenza della loro dimensione angolare che, anche se contenuta in una manciata di secondi d'arco (quasi un primo per Giove quando è più vicino alla Terra, per esempio) è enormemente maggiore di quella delle stelle, che per la loro enorme distanza è comunque ridotta a pochi millesimi o centesimi di un singolo secondo d'arco.
Per visualizzare gli effetti di queste differenti condizioni possiamo seguire al contrario il percorso della luce: nel caso di una stella la nostra pupilla di 7 millimetri di diametro intercetta un fascio di raggi virtualmente paralleli che in assenza di disturbi si mantiene uguale a se stesso per migliaia di chilometri. In pratica tutta l'atmosfera viene attraversata da un fascio di raggi della medesima piccola dimensione e ogni minima alterazione incontrata nell'attraversare i diversi strati di aria può causare importanti deviazioni e scomposizioni del fascio di luce, con un grande effetto sulla nostra percezione.
Per un pianeta invece, la sua dimensione angolare implica che dalla medesima pupilla della dimensione di sette millimetri il cono di luce interessa, a quote via via maggiori, porzioni di atmosfera sempre più estese. Nel caso di Giove, per esempio, la sua dimensione apparente di circa 50 secondi d'arco implica che all'altezza di 10 chilometri dal suolo il fascio di luce raccoglie il contributo (e quindi la media degli effetti) di una porzione di atmosfera del diametro di quasi 2,5 metri e questa dimensione è in proporzione sempre maggiore al crescere della quota. Queste diverse condizioni, che agiscono dai livelli superiori dell'atmosfera fino al suolo, portano ad uniformare l'effetto delle infinite alterazioni subite dai fasci di luce fino alla scomparsa della scintillazione.
Nella stessa serata anche Giove è stato ripreso con il medesimo dispositivo impiegato con la luce di Sirio: le immagini mostrano quanto è stato appena descritto, con l'apertura libera dell'obiettivo che appare illuminata in modo sostanzialmente uniforme e privo di colorazioni, solo alterata dagli effetti più o meno accentuati della turbolenza. E' da notare che per la disposizione del sistema di ripresa, con il sensore posizionato a una dozzina di millimetri in extrafocale, il sistema si trovava focalizzato su piani oggetto posti a qualche decina di metri di distanza. La turbolenza visibile nelle immagini era dunque localizzata nelle relative vicinanze dello strumento, non a grande altezza in atmosfera: molto probabilmente era l'effetto dell'aria calda che sfuggiva dalla porta del balcone rivolto a ovest e dal quale, in quel momento, era ancora visibile Giove. Le immagini relative a Sirio erano state invece riprese poco prima da un terrazzo aperto verso sud, che è libero da questo tipo di inconvenienti.
Si può ancora aggiungere una precisazione a proposito della scintillazione associata ai pianeti: talvolta la mostrano anche loro e succede per i pianeti interni, Mercurio e specialmente Venere, con la sua estrema luminosità, quando si trovano in una fase pronunciata e la loro sottile falce sottende dimensioni angolari molto ridotte e quindi favorevoli alla comparsa dello scintillio.
Le singole immagini sono state riprese con pose di 1/30 di secondo, un tempo di compromesso imposto dalla bassa intensità luminosa sul sensore ma ancora inadatto alla finezza e alla rapidità di quanto si può osservare visualmente. Il semplice tentativo di accentuare la saturazione dei colori nelle immagini qui proposte non riesce a rendere la purezza delle colorazioni spettrali percepite visualmente: nella pur breve posa i loro rapidi cambiamenti sono sufficienti a mediarle e a sbiadirle.
Infine una semplice considerazione: per una volta è bello che un bellissimo fenomeno naturale sia facilmente osservabile senza doversi torcere il collo...
Pierino
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