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Anche di recente (si parlava dei 7x50) vedo che passa come opinione comune che se si può scegliere un binocolo che pesa qualche etto in meno, sempre che le doti ottiche siano comunque soddisfacenti, non c'è dubbio che conviene scegliere il più leggero. Ed anche se non si trattasse di scelte di acquisto, ma di pura e semplice valutazione di caratteristiche tecniche (recensioni, ecc...) qualche etto risparmiato, ma anche qualche decina di grammi in meno, finiscono per entrare sempre nella lista dei "plus" piuttosto che dei "minus". Per la tendenza a sostenere questa tesi, nel caso di alcuni pezzi veramente fuori dalla massa per eccezionalità (vedasi B&L Mk41, o Nikon WX), la faccenda del peso finisce per essere recensita come scotto inevitabile da pagare (come se fosse un peccato comunque da scontare per avere quella eccezionalità che lo strumento garantisce) cui si deve obtorto collo sottostare se si vuole godere della citata eccezionalità.
Vorrei proporre qualche riflessione in controtendenza: ad esempio, in uso navale, leggerezza non è quasi mai sinonimo di vantaggio. Ciò che invece costituisce vantaggio è lo studio della posizione del baricentro rispetto all'articolazione del polso, rispetto alla naturale tendenza all'impugnatura dello strumento (come lo si prende istintivamente e lo si tiene in mano), la massa propria rispetto a due fattori critici, che sono il modo di vibrare proprio della piattaforma su cui ci si trova (la nave) ed i moti di oscillazione della piattaforma in mare ondoso (rollio, beccheggio ed imbardata, non tanto come escursione dei movimenti, quanto come accelerazioni spontanee del mezzo), ed ancora la distribuzione longitudinale della massa (che dipende nella sostanza dal materiale di costruzione dei tubi ottici, dal gruppo di lenti dell'obiettivo, dalla massa dei prismi e dello schema ottico scelto, e per finire dal gruppo di lenti degli oculari). Un binocolo con massa sensibile, ad esempio, contribuisce a mantenere stabile la visione molto meglio di uno leggero per quanto riguarda la vibrazione propria della piattaforma, (e questi aspetti finivano per avere anche una rilevanza importante anche per i binocoli dei carristi nell'esercito, per fare un altro esempio). Anche il fatto che istintivamente si appoggi la parte centrale del corpo-binocolo sulla zona centrale del palmo della mano, o piuttosto si tenda a sostenere lo strumento senza usare il palmo, ma con le dita chiuse ad anello (vedasi pollice-indice) cambia non di poco le cose: in questo è evidente la differenza di conformazione tra tetto e porro.
Comprendo bene che per chi fa osservazione naturalistica, risparmiarsi 2 o 300 grammi da portarsi in spalla in escursione possono sembrare un dato di una qualche significatività, ma vorrei far notare che sono l'equivalente di mezza bottiglietta d'acqua... Siete certi che sia così importante da discuterne, a fronte di altre caratteristiche ottiche? Non dico che non conti, ma nell'economia generale del carico totale che si mette in zaino per una escursione, forse due etti di binocolo in più non sono poi così meritevoli di attenzione. Ma non è il mio campo (l'osservazione di ungulati e pennuti) per cui mi astengo dal discuterne.
Tornando invece all'impiego militare e navale, ci sono esigenze specifiche, ad esempio, per lo strumento che deve essere usato per le due ore del mezzo-turno di guardia delle vedette, considerato che anche lì ci sono tecniche di presa, supporto ed impugnatura del binocolo nel caso che si possa sfruttare una superficie di appoggio oppure no nella "spazzolata" (impropriamente detta panning, che è invece l'inseguimento di un oggetto in movimento) di ricerca bersagli in mare, sia di giorno che di notte. Diversa tecnica bisogna usare, invece, se non si cerca bersaglio, ma se si osserva un bersaglio: la posizione dei gomiti contro lo sterno per stabilizzare gli avambracci, l'appoggio o meno dell'arcata sopraccigliare, ecc...
Non vorrei dilungami troppo, ma vorrei sentire che ne pensate davvero della questione "peso" e che esperienze avete fatto.
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