Passione binocoli

Posts written by Pierino Delvo

  1. .
    PER CHI FOSSE INTERESSATO

    DSCF0620


    Acune immagini relative ad un binocolo Officine Galileo, un 6x30 FERT che recentemente ho potuto osservare molto da vicino. Si evidenzia la particolare cura nei dettagli costruttivi, in particolare rispetto ad un dispositivo per il posizionamento e il fissaggio dei singoli prismi, che agisce sulle tacche presenti alla base dei prismi medesimi. Il dispositivo appare costruttivamente diverso, per quanto del tutto simile, nella localizzazione vicina all'obiettivo rispetto a quello che si trova in prossimità dell'oculare.

    DSCF0611

    DSCF0613

    DSCF0617

    DSCF0614

    DSCF0621

    Doppietto dell'obiettivo bornito in sede e anelli in ottone e bronzo.
    Anche il gruppo oculare è costruito con analoga cura e scelta dei materiali. La qualità dell'insieme è equiparabile a quanto si può notare nella produzione di binocoli consimili prodotti dalla svizzera Kern.

    Pierino
    .
  2. .
    In una pubblicazione del Victoria & Albert Museum relativa al materiale da loro conservato si parla di questo argomento e se ne descrivono alcune cause: Continued studies in the deterioration of glass.

    Riporto qui il link:

    http://www.vam.ac.uk/content/journals/cons...ation-of-glass/

    Pierino
  3. .
    Un vecchio lavoro che è comparso al semplice digitare "glass" e "hygroscopic":
    https://nvlpubs.nist.gov/nistpubs/jres/36/...6n4p365_A1b.pdf
    Sembra strano associare l'igroscopicità al vetro: nell'articolo questa caratteristica viene indagata per diverse tipologie di composizione chimica in funzione delle specifiche destinazioni di utilizzo. Il fenomeno esiste ma le ipotesi per i prismi di quel binocolo restano comunque diverse: dall'errore nella fusione della massa vetrosa, all'impiego di sbozzi non ottimali in un momento di scarsità di materiale, a chissà che altro.
    Cercando ancora si potrebbe trovare qualcosa di più recente e di più mirato.
    Pierino
  4. .
    I gentili commenti invitano ad approfondire le implicazioni legate a quel semplice esperimento, dove con la luce proveniente da Sirio si evidenziava sia l'azione dell'atmosfera, sia come quella stessa luce si presentasse una volta arrivata a terra, in prossimità dell'obiettivo del telescopio.

    Se ricordiamo quello che si può notare sul fondo di una piscina, con i giochi di luce provocati dalle increspature dell'acqua, si può avere una idea efficace di quello che succede alla luce di una stella quando arriva sul fondo dell'oceano d'aria costituito dall'atmosfera. Essenzialmente il fenomeno è il medesimo, trascurando l'entità degli effetti dovuti alla differenza tra gli indici di rifrazione e, se nel primo caso il Sole è una sorgente estesa e quello che più facilmente possiamo vedere sono le grossolane variazioni di intensità luminosa, con la luce proveniente dalla stella, per quanto si è già ricordato per una sorgente puntiforme, è possibile evidenziare anche i più delicati effetti cromatici, come documentato dalle immagini fotografiche.

    E' interessante notare che se la luce di Sirio fosse isolata da ogni altra sorgente luminosa e se i nostri occhi avessero la necessaria sensibilità istantanea, in ogni notte serena potremmo vedere il mondo illuminato da una simile, insospettabile fantasmagoria di colori.

    Con un banale gioco grafico e basandomi su quanto evidenziato dalle prove con il telescopio relativamente alla dimensione delle aree colorate, ho tentato di visualizzare, come fossero due istantanee, quello che si potrebbe vedere in una simile condizione. Per ovvie ragioni il fenomeno è estraneo alla esperienza quotidiana e normalmente non può essere percepito; spero che le immagini possano comunque rappresentarlo in modo efficace.

    Nella prima ho cercato di riprodurre quello che potremmo vedere se, sotto la luce della sola Sirio, volessimo leggere un libro; in istanti diversi la disposizione del campo cromatico sarebbe diversa e sempre mutevole secondo l'azione dell'atmosfera ma in ogni singolo istante si mostrerebbe essenzialmente simile a quanto mostrato in figura:

    DSCF0559%20copia

    Non sembri esagerata la ricchezza dei colori ipotizzata nelle immagini: quanto era già stato registrato fotograficamente è solo una pallida replica dei vividi colori spettrali che si possono osservare visualmente con l'occhio al posto del sensore; il tempo di posa necessariamente troppo lungo rispetto al loro rapido modificarsi aveva appiattito e confuso la loro purezza.

    Nella seconda immagine, il medesimo effetto nella situazione sperimentale relativa alle prove effettuate con il telescopio. Anche qui, in ogni istante, un simile fronte luminoso continuamente modificato dall'atmosfera incide sulla apertura libera dell'obiettivo: rispetto alle riprese fotografiche riportate nel precedente intervento, e per maggiore chiarezza, la scena questa volta è "vista da fuori" invece che dal lato immagine del telescopio dove era posizionato il sensore fotografico:

    DSCF0563%20copia


    Sotto un normale cielo stellato invece, con la somma di innumerevoli sorgenti che contribuiscono da differenti posizioni e quindi in una situazione lontana dalla condizione privilegiata permessa da quella specifica disposizione sperimentale, vedremmo soltanto la illuminazione diffusa, di intensità stabile nel tempo e priva di colorazioni che è più vicina alla comune esperienza.

    Pierino.

    -
  5. .
    ...

    Twinkle, twinkle little star
    Why d'you twinkle way up thar?
    Are you blinking? Or am I?
    Or is it something in the sky?


    Questa poesia, trovata tra le pagine di una vecchia rivista di Ottica, richiama l'attenzione su un fenomeno ben noto, facilmente osservabile e pieno di fascino.
    Il testo, adattato rispetto alla tradizionale filastrocca, sintetizza in due rime l'essenza del fenomeno e l'autrice, Janet Shields, ricercatrice alla University of California, San Diego, ne parla a proposito della corretta comprensione dei fenomeni naturali da parte dei bambini.

    E' anche stata uno stimolo per gli appunti che seguono, per i quali ho pensato di realizzare qualche immagine che potesse rendere più concreta la percezione del fenomeno e delle sue varie implicazioni.

    Come sappiamo la scintillazione è provocata dal passaggio della luce attraverso strati o masse di aria a differente temperatura e di conseguenza con diverse caratteristiche di densità e indice di rifrazione. Il termine viene generalmente associato alla luce delle stelle a causa della sua manifestazione più poetica, e a questo ambito ci si riferirà nel seguito, ma sappiamo che anche nelle ore diurne possiamo notare il medesimo effetto ogni volta che un oggetto lontano viene osservato attraverso un forte gradiente di temperatura, come in prossimità dell'asfalto su una strada, sui tettucci delle automobili parcheggiate al sole o in vicinanza di una fiamma.

    La scintillazione è più evidente per le stelle che si trovano poco elevate sull'orizzonte, fino ad altezze di 30 o 40 gradi, a causa del grande spessore degli strati di atmosfera attraversati dalla loro luce, mentre si riduce progressivamente ad elevazioni maggiori fino quasi a scomparire in prossimità dello zenit nelle serate favorevoli.

    In questa stagione Sirio è il migliore soggetto: è una stella molto brillante, la più luminosa del cielo, e il suo spettro contiene tutte le lunghezze d'onda visibili, dal rosso al violetto; nel cielo invernale si trova in posizione poco elevata sull'orizzonte, così che la sua luce attraversa gli strati d'aria più densi e turbolenti: per queste ragioni la sua scintillazione si manifesta sempre in modo notevole e decisamente appagante.

    Le immagini che seguono si riferiscono agli effetti della turbolenza atmosferica sulla luce proveniente da Sirio e sono state registrate poche sere fa, prima che con l'avvicinarsi della primavera questa stella scompaia dal nostro cielo invernale.

    Il dispositivo di prova, semplicissimo, è mostrato in figura, con l'obiettivo di un piccolo telescopio e il sensore di una macchina fotografica. Ho utilizzato un obiettivo apocromatico del diametro di 105 millimetri e di assoluta qualità ottica al solo scopo di evitare i dubbi relativi a possibili influenze di fattori spuri ma i risultati sarebbero stati sostanzialmente sovrapponibili anche impiegando uno strumento più modesto, rifrattore o riflettore.

    aa

    La luce proveniente dalla stella si concentra in prossimità del piano focale dell'obiettivo per poi divergere nello spazio extrafocale: qui, alla distanza di circa 10-15 millimetri dal piano di fuoco, viene posizionato il sensore della macchina fotografica.
    Questo scostamento rispetto al piano focale genera sul sensore una sorta di proiezione della apertura libera del telescopio; allo scopo della registrazione fotografica tale proiezione deve solo possedere una dimensione e una intensità tali da permetterci di registrare immagini utilizzabili: aumentando la distanza dal fuoco aumenta anche la dimensione del dischetto immagine sul sensore ma il conseguente calo di intensità luminosa diventa rapidamente insostenibile così che nelle mie prove il dischetto non poteva essere più grande di un paio di millimetri.
    Il vincolo principale è qui il tempo di posa: il fenomeno da registrare è in rapido movimento e esposizioni superiori a 1/15 di secondo sono impraticabili perché dilavano la registrazione. Per cercare di sopperire alla poca luce disponibile la sensibilità del sensore va regolata ai massimi livelli, nel mio caso era di 12800 ASA.
    Se tutto funziona, alcune esposizioni effettuate in successione delineano, istante per istante, una mappatura della luce che dalla stella ha raggiunto l'apertura libera dell'obiettivo, con la distribuzione di intensità e di colorazione assunte dopo le rifrazioni e la dispersione cromatica provocate dal passaggio attraverso gli strati dell'atmosfera. Si vede come sulla superficie dell'obiettivo non incide un fronte d'onda omogeneo e "bianco", come ci si potrebbe aspettare, ma una continua e rapida alternanza di colori e di intensità le cui caratteristiche fotometriche e dimensionali sono direttamente rilevabili dalle medesime immagini, se solo vengono confrontate con la dimensione nota della apertura libera della nostra ottica di ripresa:

    DSCF0250

    DSCF0255

    DSCF0257-17082781121733

    DSCF0259

    DSCF0274

    DSCF0350

    DSCF0354

    DSCF0355-17082781810702

    DSCF0356

    DSCF0359

    DSCF0362

    DSCF0367

    DSCF0368

    In questo modo è facile visualizzare il rapporto tra le rispettive dimensioni: con una pupilla di circa sette millimetri di diametro, il nostro occhio può intercettare una piccolissima porzione della apertura di 105 millimetri come mostrata dalle riprese e che serve da efficace confronto: risulta evidente come nei diversi istanti una tale piccola porzione (quasi sempre inferiore ai sette millimetri di riferimento) potrebbe essere totalmente priva di illuminazione o invece essere interessata dalla casuale successione dei più diversi colori e intensità: è proprio questa rapida alternanza che percepiamo come scintillazione.

    Occorre notare che diversamente dalla disposizione sperimentale utilizzata in questa prova, nella osservazione telescopica, o con un binocolo, ciò che propriamente si osserva è invece il piano focale, dove le stelle hanno dimensioni ridottissime e la loro intensità è determinata dal contributo della intera apertura libera dell'obiettivo.
    Questa condizione è sufficiente a mediare gli effetti della scintillazione, che viene molto attenuata se si osserva con strumenti anche di modesta apertura.

    E i pianeti?
    A differenza delle stelle i pianeti non sono interessati dal fenomeno della scintillazione e sono facilmente distinguibili tra le stelle per la apparente fissità della loro luminosità e del loro colore. Questo in conseguenza della loro dimensione angolare che, anche se contenuta in una manciata di secondi d'arco (quasi un primo per Giove quando è più vicino alla Terra, per esempio) è enormemente maggiore di quella delle stelle, che per la loro enorme distanza è comunque ridotta a pochi millesimi o centesimi di un singolo secondo d'arco.

    Per visualizzare gli effetti di queste differenti condizioni possiamo seguire al contrario il percorso della luce: nel caso di una stella la nostra pupilla di 7 millimetri di diametro intercetta un fascio di raggi virtualmente paralleli che in assenza di disturbi si mantiene uguale a se stesso per migliaia di chilometri. In pratica tutta l'atmosfera viene attraversata da un fascio di raggi della medesima piccola dimensione e ogni minima alterazione incontrata nell'attraversare i diversi strati di aria può causare importanti deviazioni e scomposizioni del fascio di luce, con un grande effetto sulla nostra percezione.

    Per un pianeta invece, la sua dimensione angolare implica che dalla medesima pupilla della dimensione di sette millimetri il cono di luce interessa, a quote via via maggiori, porzioni di atmosfera sempre più estese.
    Nel caso di Giove, per esempio, la sua dimensione apparente di circa 50 secondi d'arco implica che all'altezza di 10 chilometri dal suolo il fascio di luce raccoglie il contributo (e quindi la media degli effetti) di una porzione di atmosfera del diametro di quasi 2,5 metri e questa dimensione è in proporzione sempre maggiore al crescere della quota. Queste diverse condizioni, che agiscono dai livelli superiori dell'atmosfera fino al suolo, portano ad uniformare l'effetto delle infinite alterazioni subite dai fasci di luce fino alla scomparsa della scintillazione.

    Nella stessa serata anche Giove è stato ripreso con il medesimo dispositivo impiegato con la luce di Sirio: le immagini mostrano quanto è stato appena descritto, con l'apertura libera dell'obiettivo che appare illuminata in modo sostanzialmente uniforme e privo di colorazioni, solo alterata dagli effetti più o meno accentuati della turbolenza. E' da notare che per la disposizione del sistema di ripresa, con il sensore posizionato a una dozzina di millimetri in extrafocale, il sistema si trovava focalizzato su piani oggetto posti a qualche decina di metri di distanza. La turbolenza visibile nelle immagini era dunque localizzata nelle relative vicinanze dello strumento, non a grande altezza in atmosfera: molto probabilmente era l'effetto dell'aria calda che sfuggiva dalla porta del balcone rivolto a ovest e dal quale, in quel momento, era ancora visibile Giove. Le immagini relative a Sirio erano state invece riprese poco prima da un terrazzo aperto verso sud, che è libero da questo tipo di inconvenienti.

    DSCF0369

    DSCF0371

    DSCF0374

    DSCF0378

    Si può ancora aggiungere una precisazione a proposito della scintillazione associata ai pianeti: talvolta la mostrano anche loro e succede per i pianeti interni, Mercurio e specialmente Venere, con la sua estrema luminosità, quando si trovano in una fase pronunciata e la loro sottile falce sottende dimensioni angolari molto ridotte e quindi favorevoli alla comparsa dello scintillio.

    Le singole immagini sono state riprese con pose di 1/30 di secondo, un tempo di compromesso imposto dalla bassa intensità luminosa sul sensore ma ancora inadatto alla finezza e alla rapidità di quanto si può osservare visualmente.
    Il semplice tentativo di accentuare la saturazione dei colori nelle immagini qui proposte non riesce a rendere la purezza delle colorazioni spettrali percepite visualmente: nella pur breve posa i loro rapidi cambiamenti sono sufficienti a mediarle e a sbiadirle.

    Infine una semplice considerazione: per una volta è bello che un bellissimo fenomeno naturale sia facilmente osservabile senza doversi torcere il collo...

    Pierino

    .
  6. .
    Un bel racconto, come spesso ne propone Ernesto.

    E leggendo si affaccia una similitudine, una metafora, non so bene quale figura retorica sia più pertinente, stimolata dall'argomento del testo e dal richiamo ai crescenti ingrandimenti dei citati binocoli: come se nel vasto paesaggio che la memoria ci conserva, nel vissuto che lo ha attraversato nel tempo, si potessero ricercare e vedere per mezzo dei ricordi i particolari più minuti, come con un binocolo davvero potente e libero dalle fastidiose aberrazioni del presente.
    Pierino
  7. .
    A proposito (ancora) di una recente affermazione...

    DSCF9320

    Questo è l'obiettivo di uno di quegli 8x30, in questo caso prodotto negli anni '70: il doppietto è alloggiato in una cella in ottone e fissato mediante una inusuale operazione di bornitura mentre l'anello eccentrico è in alluminio anodizzato, con una ottimale scelta dei materiali.
    La qualità ottica complessiva presenta nei due monocoli una centrica di diffrazione (!) ben conformata e senza evidenti alterazioni.
    Meccanicamente è costruito con componenti ben realizzati e che allo smontaggio rivelano una buona cura nelle tolleranze tra i pezzi. Il tutto è difeso da muffe e polvere grazie alla opportuna ceratura delle ottiche e dei coperchietti copriprismi, così che nella parte anteriore il binocolo risulta ben protetto anche dall'ingresso accidentale di acqua. Un anello in feltro ospitato in una apposita sede all'interno dei tubi oculari protegge dall'ingresso di polvere questa parte dello strumento, funge da elemento di centraggio e favorisce una scorrevolezza duratura senza dover ricorrere a lubrificanti, che nel tempo tendono a debordare. Il gruppo oculare è formato da 5 elementi in tre gruppi interamente trattati antiriflesso.
    Sono particolari non proprio comuni e si potrebbe continuare: in questa sede sembrerebbe perfino superfluo doverli evidenziare.

    Il fatto che in tempi più vicini l'attenzione in quella produzione abbia presentato qualche calo è anche possibile ma per molti anni quel piccolo 8x30 si era reso disponibile ad un pubblico vastissimo e ad un costo contenuto. E' con me da più di 50 anni e proprio non trovo ragione per metterlo in modo così assoluto "fra i peggiori binocoli mai prodotti."

    Qualche frase di tono acceso in un discorso tra amici binofili ci può anche stare, con ovviamente le opinioni e le valutazioni personali, ma se le medesime frasi vengono scritte in queste pagine le parole assumono una diversa criticità e in questo senso penso sia prudente evitare certe ruvidità.
    I contributi immessi nel Forum vengono letti, nel tempo, anche da persone che magari non hanno la preparazione o il vissuto di molti di noi: per loro la trasmissione delle informazioni, dei concetti e dei punti di vista richiede una maggiore cura del testo, perché rischia di avvenire in modo fuorviante o tecnicamente non corretto.

    Ma anche questo è solo un mio personale punto di vista.

    Pierino
    .
  8. .
    I raffronti tra strumenti di origini e tempi diversi si fanno, ovviamente, ma di solito è il contesto che guida.

    In quella vendita è molto probabile che l'interesse fosse determinato dalla singolarità dello strumento, più che dal livello delle sue specifiche costruttive.
    Considerando quel contesto e in questo senso un confronto tecnico delle caratteristiche di quel binocolo con qualche aspetto della produzione attuale assume un peso che può essere del tutto secondario.

    Che non gli fosse richiesto un confronto con i contemporanei voleva esprimere questo, semplicemente.

    Pierino
    .
  9. .
    La cifra comparsa a proposito di quella vendita ha certamente provocato qualche perplessità ma l'ultimo intervento mi sembra ne ponga delle altre.

    Il tono così forte della frase iniziale non ha giustificazione nell'ambito delle nostre comuni competenze ed esperienze e quanto vi si afferma non può essere ragionevolmente sostenuto.

    Che quel binocolo non valga il gioco ( il prezzo pagato? ) è opinione ragionevole e immagino condivisa ma non comprendo il riferimento alla dimensione della pupilla: non sarebbe un parametro insolito, è quella di ogni 8x30. Anche le dimensioni di ingombro e l'estrazione pupillare sono aspetti che rientrano nella individualità dello strumento nel suo insieme. Io non l'ho mai visto ma non si capisce perché, se presentasse delle "valide prerogative sul piano ottico progettuale e prestazionale" non dovrebbe essere considerato comunque buono. E' uno strumento storico, non gli è richiesto di confrontarsi con i contemporanei. E che i trattamenti siano "russi" o altro, che implicazione tecnica potrà mai avere?

    Anche la citata presenza nell'oculare di un doppietto e di uno spianatore definiti come "classici" non mi è del tutto chiara: un doppietto non si nega a nessuno, non qualifica alcunchè.

    Che poi si possa commissionare e progettare uno strumento di quella tipologia (ma chi poi lo farebbe davvero, cifre a parte?) anche qui si possono avere opinioni diverse.

    Per restare nell'ambito ristretto del Forum voglio sperare che il Signor Maksutov non se ne abbia a male e lo prenda come uno degli sfoghi di noi viventi.

    Una "opinione personale", appunto.

    Pierino
    .
  10. .
    I due ultimi contributi richiedono qualche commento e mi permetto di aggiungere due righe.

    Nel primo alcune frasi mi sembrano troppo nette o sintetiche:

    "l'effetto di polarizzazione è massimo quando il sole è alla nostra destra o alla nostra sinistra, invece è minimo quando si trova di fronte o dietro di noi"

    Lo stato di osservabilità del fenomeno è determinato dalle posizioni relative della sorgente e dell'osservatore, oltre che dalla natura delle superfici e dalle situazioni ambientali.
    Con il Sole allo zenit o all'orizzonte, solo per esempio, le condizioni sono diverse e il filtro polarizzatore deve sempre essere ruotato in funzione del migliore risultato possibile in quella particolare situazione.

    "ovviamente si usano solo in pieno sole perché riducono la luminosità del binocolo"

    Magari si, ma mi sembra una scelta individuale più che una ovvietà: nulla impedisce di farne uso quando lo si desidera...


    "Quelli studiati per i binocoli sono impostati per il massimo effetto di polarizzazione, al contrario di quelli fotografici che si possono ruotare per ottenere l'effetto desiderato".

    No, non sono studiati per i binocoli, sono semplici polarizzatori lineari e sono solo adattati, con opportuna filettatura o innesto. E anche in questo caso si devono poter ruotare ( esattamente come nell'uso fotografico ) per ottenere il risultato più efficace.
    Questa necessità viene chiaramente specificata nelle note tecniche riferite a detti accessori. Altrimenti bisognerebbe impiegare il binocolo soltanto in una particolare e ottimale orientazione...


    "Hanno la peculiarità di eliminare tutti i riflessi eccetto quelli delle superfici metalliche".

    Forse si esprime meglio e più correttamente il concetto se si dice che possono attenuare alcune delle riflessioni indesiderate, posto che le condizioni di illuminazione e di osservazione lo consentano.


    Nel secondo, se ho ben compreso, si volevano individuare i fiocchi di neve, distinguendoli dalle gocce, osservandoli da terra con un 10x50 alla quota del presunto zero termico?
    La speranza è di essermi perso qualcosa; temo però che la calcolatrice si sia semplicemente suicidata...

    Pierino
  11. .
    Ho aperto il sito già indicato in un precedente intervento e relativo a questo binocolo

    www.flickr.com/photos/binocwpg/115...57623234405689/

    con le riproduzioni delle pagine del manuale d'uso e diverse note tecniche.

    Tra le specifiche ottiche mi sembra di notare un dato incongruente del quale riporto il particolare:

    DSCF9178

    L'errore di parallelismo degli assi ottici viene indicato come minore di 1° in orizzontale e minore di 0,5° in verticale.
    Tali valori appaiono inadeguati anche considerando l'ingrandimento strumentale (qui il dato viene riferito in modo specifico agli assi); probabilmente nella redazione per la stampa l'indicazione relativa ai minuti primi ( ' ) era stata cambiata con quella dei gradi ( ° ).

    Mi sembra che solo così, con il valore contenuto in un primo per lo scostamento orizzontale ( anche senza specificare convergenza o divergenza ) e in mezzo primo per il verticale, i dati relativi alla collimazione avrebbero un senso associabile al nome del Produttore.

    Pierino
    .
  12. .
    .
    Era rimasta una informazione a metà.
    La tecnica impiegata per evidenziare la piccola alterazione nella lente si definisce come Ottica Schlieren, dal tedesco Schliere che sta vagamente per disomogeneità.
    Il principio è stato sviluppato in vari modi per rispondere a diverse esigenze ma si può immaginare come funziona se si pensa idealmente ad una sorgente luminosa i cui raggi vengono intercettati da una lente e poi focalizzati in un punto immagine. Un osservatore che sia situato su questo punto immagine vedrà l'intera lente come un'area luminosa, perché tutti i raggi convergono su di lui. Se in quel campo di luminosità uniforme esiste o viene introdotta una disomogeneità, alcuni raggi devieranno dal loro percorso e verranno indirizzati al di fuori del punto focale: il medesimo osservatore vedrà quindi, nel campo illuminato, delle zone scure che delineano la forma e l'entità del disturbo. Il tutto in modo molto semplice e con grande sensibilità.
    Gran parte della luce di fondo si attenua poi con un opportuno diaframma posizionato sul fuoco e il campo può essere osservato, proiettato su uno schermo o fotografato.

    Grazie.

    Pierino
    .
  13. .
    -
    UNA STORIA

    Il soggetto è uno strumento importante, un Nikon 10x70 IF SP WP che viene anche denominato Astrolux, ornato con gli anelli rossi attorno agli obiettivi a segnalare la presenza di un elemento spianatore di campo. Della stessa serie esistono anche una versione 7x50 denominata Prostar e una 18x70. In questo stesso Forum Ottaviano Fera aveva parlato di questi strumenti in un contributo del 2019: https://binocoli.forumfree.it/?t=77160192.
    Diversi modelli, sempre Nikon, nel formato 10x70 sono riportati qui: https://binocoli.forumfree.it/?t=76097985.

    DSCF9108

    Il binocolo mi era stato affidato da un amico perché la cerniera centrale era un po' lasca e così penalizzava la sensazione di grande robustezza che si percepiva maneggiando lo strumento. Il punto davvero critico era però nelle prestazioni dell'ottica: il campo di destra mostrava una immagine sfocata al bordo e alquanto diversa da quella correttamente piana fornita a sinistra. In più, sempre a destra, c'era come una indecisione nell'immagine, un ondeggiare che si poteva meglio apprezzare effettuando una lenta panoramica, ovviamente sempre su stativo: ad una osservazione attenta i particolari dell'immagine che attraversavano il campo di vista si comportavano come dei tappi che scavalcano una piccola onda la cui conformazione ricordava una ciambella concentrica all'asse ottico.
    Il campo di sinistra appariva invece del tutto corretto.

    Il binocolo era stato acquistato come materiale usato, si presentava in ottime condizioni e non c'era apparente ragione per un simile comportamento dell'ottica.

    Per quanto era possibile immaginare le possibili cause di quella visione alterata dovevano risiedere in prossimità o all'interno del gruppo oculare. Ottenuto il necessario consenso la culatta posteriore destra era stata smontata: nel 10x70 questa fa corpo unico con il tubo che ospita il gruppo oculare con il suo elicoide e, anteriormente, l'elemento spianatore del campo, una spessa lamina emisferica posizionata davanti all'oculare medesimo e quasi a contatto con la superficie del secondo prisma.
    Una illustrazione trovata in Rete mostra la sezione del modello 7x50: la disposizione dei componenti (a valle dei prismi si nota l'elemento spianatore di campo) appare molto simile a quella riscontrata nel 10x70.

    post-34223-1407393684177_copia_2
    In questa sezione del 7x50 il supporto dell'elemento spianatore di campo sembra fissato al gruppo prismi. Nell'Astrolux è invece avvitato alla culatta e fa corpo unico con il tubo oculare:

    DSCF9130
    L'elemento spianatore di campo nell'Astrolux e, qui sotto, il gruppo prismi.

    DSCF9132_0

    Si era subito notato che le tacche sugli anelli di tenuta erano segnate per un precedente smontaggio e sui trattamenti all'interno dell'oculare si notavano tracce di impronte digitali.
    Una piccola indecisione nel gruppo lenti mostrava che l'assemblaggio era stato effettuato riposizionando i componenti in modo errato, con le curvature degli elementi interni al gruppo oculare in disaccordo con gli spessori degli anelli distanziatori.
    I medesimi componenti del gruppo oculare di sinistra non mostravano invece di avere subìto alterazioni e così si aveva un riferimento per l'ordine e il verso delle lenti.

    Un evidente errore nel rimontaggio era dunque la causa della scarsa qualità al bordo ma restava la fastidiosa anomalia centrale a ciambella la cui origine era ancora da scoprire.
    Nel frattempo, nel seguire a distanza il succedersi delle prove, il proprietario del binocolo me ne aveva fatto graditissimo dono e mi sentivo più libero di indagare e smontare senza preoccuparmi troppo di possibili inconvenienti.

    Nella ricerca di qualche notizia o recensione relativa a questo binocolo avevo notato un annuncio risalente al 2017 nel quale uno strumento del medesimo tipo veniva proposto per la vendita. L'annuncio riportava la presenza di un problema nella visione che sembrava del tutto sovrapponibile a quello da me osservato, era formulato in modo preciso e informava correttamente della situazione, riportando anche diversi e infruttuosi tentativi di correzione.
    Non si conoscevano i precedenti passaggi dello strumento prima che arrivasse all'amico che me lo aveva affidato e in più, quando mi è arrivato, la placchetta che reca il numero di matricola era assente; non era quindi possibile stabilire se fosse o no il medesimo binocolo. L'annuncio è ancora visibile in Rete.

    I singoli componenti ottici erano stati esaminati e rimontati più volte per cercare di isolare qualche possibile causa. Avevo anche fatto uno schizzo ipotetico, cercando di immaginare quale deformazione dell'ottica potesse provocare le alterazioni che erano visibili nell'immagine data dal binocolo, fino a che su una delle lenti (la terza superficie del gruppo oculare) ho notato la presenza di una discontinuità di aspetto circolare che sembrava sovrapposta alla convessità dell'elemento ottico. La si poteva individuare soltanto in una modalità di osservazione appropriata.

    Lente_NIKON_0
    Una prima ipotesi per la possibile conformazione del difetto superficiale, qui ovviamente amplificato per chiarezza.

    DSCF9096
    Le due lenti omologhe dei gruppi oculari, con e senza difetto, sono a prima vista indistinguibili.

    DSCF9089
    Il difetto non appare evidente anche ad una osservazione più attenta.

    Una possibile ipotesi era che la deformazione si fosse originata nel corso del processo produttivo e che fosse sfuggita ai normali controlli di fabbrica fino alla deposizione dell'antiriflesso, al montaggio dell'elemento nella propria sede e al controllo finale.

    Che fare a questo punto? Scrivere due righe in Giappone avrebbe al più provocato incredulità o sospetto da parte del Costruttore e sicuramente sarebbe stato un esercizio inutile perché i precedenti del binocolo erano ignoti e non si poteva certificare alcunchè.
    Occorreva sostituire la lente difettosa ma anche la richiesta di pezzi di ricambio originali appariva decisamente fuori luogo, sia per la stranezza della vicenda sia per il prevedibile costo dell'operazione nella eventualità molto improbabile di una fornitura.

    Visto che i ricambi originali sembravano una strada impraticabile mi sono messo a cercare tra i miei recuperi per vedere se non ci fossero per caso due lenti compatibili per forma, dimensioni, spessori e tutto il resto ma soprattutto sicuramente uguali tra di loro.
    C'è voluto un po' di tempo e infine ecco un obiettivo recuperato da una fotocopiatrice: schema ottico simmetrico perché calcolato per lavorare in 1:1, costruito con due gruppi di lenti opposte rispetto al diaframma, ciascuno costituito da una positiva e una negativa. Era lì da molti anni e sicuramente aspettava l'occasione per rendersi utile.
    Il diametro delle due lenti positive era superiore di qualche millimetro rispetto alla quota necessaria ma i raggi di curvatura delle superfici, che potevo confrontare e valutare rispetto agli originali attraverso le immagini riflesse, erano comparabili. Il trattamento antiriflesso era un ottimo monostrato e le superfici ottiche erano come nuove. In quella circostanza che sembrava così fortunata l'indice e la dispersione del vetro erano l'ultimo dei pensieri.

    Non c'era la possibilità di una prova di insieme o di un montaggio preliminare per via di quel maggiore diametro e di conseguenza non potevo sapere se, alla fine, il nuovo gruppo ottico avrebbe potuto raggiungere la messa a fuoco all'infinito: l'elicoide del Nikon consente pochi millimetri di escursione e una variazione nella focale dell'oculare poteva rivelarsi incompatibile con la posizione fissa del diaframma e dello spianatore di campo.
    Era comunque l'unico tentativo possibile e dovevo inventarmi qualcosa per ridurre con la necessaria precisione il diametro delle due lenti.
    L'alloggiamento del gruppo oculare era lavorato in modo molto accurato e così pure le lenti originali, che avevano diametri con tolleranze di pochi centesimi rispetto alla loro sede.
    La stessa tolleranza doveva essere mantenuta sul diametro delle lenti da lavorare ma anche sulla loro centratura.

    Nel tempo mi ero costruito un semplice piano rotante da impiegare per piccole operazioni di smerigliatura: quando serve viene ospitato su un trapano a colonna ed è azionato dal suo stesso mandrino. La carta smeriglio di grana adatta può lavorare il vetro con un raffreddamento ad acqua dato da una spruzzetta.

    DSCF9086

    Si, ma lavorare con precisione centesimale il bordo circolare di una lente con questi mezzi limitati non è cosa semplice e solo dopo alcuni disegni e ripensamenti è nata l'idea dell'attrezzo adatto: un cilindro in alluminio tornito al diametro voluto nella sua parte mediana con, alle estremità, due sottili flange esattamente concentriche al cilindro e tornite a loro volta al diametro preciso delle due lenti da lavorare.
    Le flange sono state indentate in modo da ospitare la convessità delle lenti, che sono state fissate al cilindro mediante semplice cera vergine. Basta riscaldare lievemente l'insieme e una volta che sia raffreddato l'adesione è tenace e sicura.

    DSCF9112_2

    La parte rischiosa e più delicata è stata la lavorazione sul piano abrasivo, la cui velocità di rotazione era contenuta in 120 giri al minuto. Con una lenta rotazione manuale del cilindro - e continui capovolgimenti per mediare le diverse intensità di abrasione - le due flange con le rispettive lenti sono state smerigliate fino al diametro fissato dalla quota interna. La delicatezza mantenuta nel corso della lavorazione, insieme alla costanza e regolarità nella rotazione hanno portato ad un risultato (come diceva Mary Poppins) praticamente perfetto, al centesimo, con la parte centrale del cilindro che fungeva insieme da battuta e riferimento dimensionale. Un pomeriggio intero di lentissimo lavoro, con braccio e polso mossi come un automa, e alla fine un risultato di qualità insperata.

    Nel gruppo ottico dell'oculare i vertici delle lenti sono vicinissimi tra loro, pochi decimi. Le due nuove lenti avevano curvature appena diverse rispetto agli originali ma tali da richiedere uno spessore superiore per uno degli anelli distanziatori dello schema: sempre in coppia sono stati torniti al bisogno e anneriti all'interno.

    Una volta rimontati, gli oculari hanno mostrato di poter focheggiare all'infinito con ancora un buon residuo di corsa ma la modifica aveva portato ad una leggera diminuzione della focale dell'oculare e adesso il binocolo operava con 11,2 ingrandimenti invece dei 10 di specifica.
    La qualità di immagine sembrava invariata e il campo era nitido fino al bordo.
    Nelle varie discussioni in Rete l'aspetto più critico citato per questo strumento era la limitata estensione del campo apparente. Questo dato si era modificato in senso positivo: la diminuzione della focale dell'oculare lo aveva portato a quasi 58°, un valore di maggiore respiro e una piacevole sorpresa. La dimensione della Pupilla di Uscita si era invece lievemente ridotta a 6,25 millimetri che, per i miei occhi, vanno comunque benissimo.

    Sembrava però necessario documentare il difetto in modo più concreto di un semplice tentativo di descrizione e così mi sono messo a giocare con la luce, come mi piace sempre fare.

    Le immagini successive sono state ottenute con una disposizione di ripresa capace di evidenziare negli elementi ottici le discontinuità, di forma o di densità ottica, anche di minima entità:

    DSCF9088
    Un primo tentativo mostra la inaspettata conformazione del difetto.

    DSCF9122
    Una più accurata sistemazione del dispositivo di prova descrive meglio i dettagli.

    Simili tecniche di ispezione sono in uso corrente per il controllo delle ottiche, per esempio nella lavorazione degli specchi per impiego astronomico. Qui ne è stata impiegata una versione casalinga molto semplice ma ugualmente efficace nel rivelare una deformazione superficiale simile ad un cratere lunare con il suo picco centrale, una struttura che si è dimostrata più complessa di come l'avevo immaginata e disegnata. Una valutazione del movimento delle ombreggiature nel dispositivo di prova permetterebbe di stabilire se non si tratti, al contrario, di un rilievo con una depressione al centro. Definire il senso in cui si sviluppa l'anomalia ha qui una importanza molto secondaria, il vero risultato è di averla documentata.
    L'immagine contiene alcune possibili indicazioni: la fine rugosità disposta vagamente a spirale potrebbe indicare che si tratta proprio di una depressione dove il processo di lucidatura non ha potuto raggiungere il medesimo grado di finitura della superficie circostante. In più si nota che la struttura centrale mostra una forma ellittica il cui asse maggiore è perpendicolare all'asse maggiore di una seconda ellisse che si riconosce nel bordo del difetto e queste geometrie possono essere generate da errori sistematici nel processo di lavorazione. Infine il bordo esterno del difetto, che è molto netto, si è forse formato in una prima fase di sbozzatura o di forte asportazione di materiale perché la sola lucidatura finale produrrebbe un gradiente molto meno accentuato.

    Nelle varie recensioni si legge che i binocoli di questa serie sono specialmente indicati per un impiego astronomico e sono realizzati con una particolare cura che insieme alla specifica SP (Special Purpose glass oppure Superior Performance, secondo le diverse fonti) li pone ai livelli più alti tra gli strumenti commerciali. Se davvero fosse un problema congenito il caso sarebbe davvero singolare.

    Con queste prove si è forse trovata una ragione per il comportamento dello strumento così come lo avevo ricevuto ma le varie ipotesi sono comunque riferite ad un binocolo di cui non si conosce per niente il passato. In fondo, quella lente potrebbe anche essere stata alterata o sostituita in un precedente intervento e il fatto che almeno uno smontaggio fosse stato effettuato in precedenza sull'oculare di destra è l'unico elemento di cui sono sicuro.
    Non possiamo sapere altro e quindi l'Astrolux è da ritenere innocente, fino a prova contraria e certa.

    DSCF9127


    Alla fine il binocolo regala immagini notevoli, di giorno e ancora di più di notte. Quel piccolo incremento negli ingrandimenti e soprattutto il campo apparente più ampio determinati dalla modifica restituiscono una visione che a me sembra decisamente più gradevole rispetto alle impressioni che avevo ricevuto con lo strumento originale e prima o poi si presenterà l'occasione per un confronto diretto tra le due versioni. Intanto c'è uno strumento molto bello con questa storia da poter raccontare.

    Pierino.
    .
  14. .
    BINOLEGNO a 105°

    Nel completare la prima versione di questo binoculare angolato ( vedi: BINOLEGNO 11x60, 75° ) avevo accennato alla possibilità di modificare l'assetto dello strumento per facilitare la visione di oggetti molto alti nel cielo. L'idea era di capovolgere il supporto del gruppo oculari in modo da permettere una modalità di osservazione simile a quella che si ha impiegando un microscopio, osservando comodamente verso il basso anche con soggetti posizionati allo zenit.

    La costruzione modulare del Binolegno ha permesso di intervenire in pochi passaggi: i due rinvii con specchi a tetto sono stati sostituiti da un unico specchio che per le sue dimensioni serve entrambi gli oculari; il conseguente diverso posizionamento del piano focale è stato compensato spostando il supporto del gruppo obiettivi, alloggiato in una nuova sede che si trova arretrata di circa trenta millimetri rispetto alla costruzione originale, con la sola aggiunta di due spallette di guida.


    DSCF9064

    Uno schizzo veloce per verificare dimensioni e ingombri. A destra lo specchio, che misura 120x50 millimetri, montato sul suo supporto.


    DSCF9054

    Il supporto dello specchio è stato fresato con precisione all'angolo di 37°,5. Lo specchio non richiede regolazioni proprie.


    DSCF9075

    La nuova disposizione interna.


    DSCF9055

    Nella nuova configurazione l'immagine si presenta invertita nel senso destra-sinistra: è un aspetto poco simpatico ma in fondo non essenziale per l'impiego previsto; in compenso si ottiene una grandissima comodità nella osservazione.

    Lo strumento originale non è stato alterato e le due modalità possono essere ottenute ricombinando i relativi componenti.


    Pierino.
    .
  15. .
    .
    Aggiungo soltanto qualche documento visivo: due immagini sono riprodotte da un fascicolo della Rivista Sky & Telescope del 1963 nel quale compariva un articolo a lui dedicato e poi il frontespizio di uno dei suoi volumi, datato 1904, che considero opera altissima per la sua completezza e fascinazione descrittiva.

    DSCF9004

    DSCF9003

    DSCF9001_0

    Pierino.
    .
30 replies since 4/10/2020
.